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Digitale Terrestre: 5 milioni di italiani senza RAI

Il dell'Unione nazionale comuni comunità enti montani (UNCEM) Marco Bussone chiede fondi per Tivùsat: il digitale terrestre in montagna non funziona e la RAI non si vede

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Se la maggior parte degli italiani può dare talmente tanto per scontato il fatto di avere a disposizione centinaia di canali TV sul digitale terrestre, per alcuni di loro non è esattamente così: ci sono molti nostri concittadini che non vedono nemmeno la RAI. E, a detta del presidente dell’Unione nazionale comuni comunità enti montani (UNCEM) Marco Bussone, questi nostri concittadini sono addirittura 5 milioni.

Bussone, infatti, nei giorni scorsi è tornato a chiedere che chi abita in aree montane, rurali o comunque con grossi problemi di ricezione del segnale non venga abbandonato a sé stesso, non venga cioè trattato come un cittadino di serie B. Anche perché, lo ricordiamo, il canone lo devono pagare tutti.

Almeno 5 milioni senza la RAI

Bussone fa dei numeri che potrebbero sembrare eccessivi, ma evidentemente il presidente dell’UNCEM ha le sue fonti: “Sono almeno 5 milioni gli italiani che hanno difficoltà a vedere la RAI o l’intero bouquet di canali“.

Se questi numeri fossero veri, e non abbiamo motivi per dubitare della buona fede di Bussone, vorrebbe dire che quasi il 10% della popolazione del nostro Paese non vede bene la RAI e/o altri canali TV.

Ma la cosa peggiore, come mette in luce lo stesso Bussone, è che negli ultimi tempi la situazione è peggiorata, non certo migliorata.

Il problema refarming

Bussone parla genericamente di “switch off del digitale terrestre” come causa dell’aggravamento della situazione, ma in realtà a peggiorare la ricezione dei canali televisivi nei comuni montani è stato il cosiddetto “refarming delle frequenze“.

Con questo termine si intende il fatto che gli editori TV hanno dovuto cedere tutte le frequenze della banda 700 MHz, perché lo stato le aveva già vendute all’asta agli opertatori telefonici per la rete 5G.

Il refarming è terminato nel 2022 e, da allora, gli editori si trovano con meno frequenze per trasmettere la stessa quantità di reti e, chiaramente, la trasmissione del segnale è ben peggiore che in passato.

Il problema si conosceva ancor prima di vendere le frequenze, ma lo Stato dava per scontato che nel frattempo si sarebbe tutti passati al DVB-T2, che ha bisogno di meno frequenze per trasmettere la stessa quantità di canali.

Alla fine, però, le frequenze sono state tolte ma il Digitale Terrestre di seconda generazione (DVB-T2) non è ancora arrivato. E in montagna non si vede più la RAI.

Internet non è l’alternativa

Sempre secondo il presidente delle comunità montane, tra l’altro, in montagna l’opzione Internet non è nemmeno percorribile: in moltissimi piccoli comuni e frazioni, infatti, la banda larga ancora deve arrivare e qualunque tecnologia di trasmissione dei contenuti TV tramite Internet non è utilizzabile.

La soluzione? Il satellite

Bussone, per questo, chiede che vengano predisposti nuovi incentivi economici, riservati ai comuni montani, per l’installazione di Tivùsat, la piattaforma satellitare gestita da Tivù srl.

Dal punto di vista tecnico Tivùsat sarebbe l’ideale per i comuni montani, visto che il segnale inviato dal satellite non necessita di cavi e soffre pochissimo di interferenze.

Dal punto di vista economico, invece, Tivù srl è un’azienda partecipata anche dalla RAI (insieme a Mediaset, Telecom Italia, Associazione TV Locali e Aeranti Corallo) e, di conseguenza, non ci sono grandi problemi etici nel concederle dei fondi pubblici.

Il satellite, tra l’altro, secondo Bussone sarebbe l’opzione tecnologica ideale anche per la fornitura di connessione a Internet nei comuni montani, tanto è vero che già nel 2022 il presidente dell’Uncem aveva scritto a Elon Musk per chiedergli di venire a sperimentare Starlink nelle valli di montagna italiane.