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SCIENZA

Abbiamo fotografato l'attimo esatto in cui nasce un buco nero

Il buco nero studiato da un gruppo internazionale di ricercatori ha fornito informazioni interessanti a ben 5 anni dall’evento

Buco nero, "fotografato" il momento in cui nasce Fonte foto: iStock

È passato mezzo secolo da quando Stephen Hawking ha formulato la sua rivoluzionaria teoria, secondo cui il limite oltre al quale nulla riesce a sfuggire all’abbraccio gravitazionale di un buco nero può soltanto ingigantirsi. C’è voluto del tempo per confermare queste ipotesi e ora ci sono anche delle novità importanti per quel che riguarda il momento esatto in cui nasce proprio il corpo celeste in questione. Il The Astrophysical Journal Letter ha “ospitato” al suo interno un articolo in cui si parla proprio dell’attimo preciso che precede la formazione del buco nero. È avvenuto tutto grazie alla lungimiranza di alcuni ricercatori guidati dalla Northwestern University di Chicago, con la partecipazione fondamentale dell’Università di Ferrara.

In poche parole, potrebbe esserci stata la prima traccia in assoluto del materiale che viene inghiottito e inglobato da un buco nero per l’appunto. La “fotografia” è stata resa possibile dall’osservazione attenta e approfondita di alcune informazioni registrate dal telescopio Chandra della NASA. In pratica il buco nero di cui si sta parlando si sarebbe formato dopo l’esplosione di una kilonova. Con quest’ultimo termine si identifica il fenomeno per cui due oggetti celesti, come stelle di neutroni e buchi neri, tendono a fondersi tra di loro. In questo caso si produce tantissimo materiale radioattivo e la luminosità è davvero impressionante, per la precisione mille volte più di una stella nova.

Uno studio durato anni

La nascita del buco nero è il risultato di un’osservazione che dura da tantissimo tempo. In effetti, l’esplosione a cui si sta facendo riferimento risale a quasi cinque anni fa: era il 17 agosto del 2017 e l’evento accadde a 130 milioni di anni luce dal nostro pianeta. A quel punto ci fu il classico inglobamento da parte del buco nero stesso, ma non in tempi immediati. Come hanno spiegato i ricercatori che si sono occupati dello studio, è stato necessario circa un secondo, un breve arco temporale che però nello spazio non viene considerato istantaneo. Nel breve secondo, i raggi X del telescopio hanno individuato qualcosa di nuovo.

Le ipotesi che vanno per la maggiore

La conferma è arrivata a 1.200 giorni di distanza dall’evento appena approfondito e le ricostruzioni che vanno per la maggiore sono sostanzialmente due. Anzitutto, si pensa che possa essere stata una decelerazione improvvisa e inaspettata da parte del materiale radioattivo creatosi in seguito all’esplosione, poco prima del collasso finale. In alternativa, sta circolando l’ipotesi del materiale rimasto nel disco di accrescimento che si trova attorno al buco nero, una sorta di “primo vagito” come gli studiosi hanno voluto definire.

Per arrivare a questi risultati è servito un lustro, di conseguenza bisogna avere pazienza se si vogliono nuovi e interessanti dettagli. In particolare, si potrà capire quale delle due ipotesi sul buco nero sia quella giusta. Sempre in questi giorni, tra l’altro, è stato accertato come quello che credevamo appunto il buco nero più vicino a noi non sia affatto quello che si crede. Si trova a mille anni luce di distanza, nel sistema HR6819 e deve essere identificato in maniera più precisa come un sistema a due stelle “vampiro”, nonostante gli studi effettuati finora non avessero mai preso in considerazione questo scenario.