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SCIENZA

Una nuova "finestra" si è aperta nell'Universo: cosa ha rivelato per la prima volta

A circa 250 milioni di anni luce dalla Terra si è aperta un'enorme "finestra" nel cuore di una galassia. E quel che hanno scoperto è incredibile.

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Fenomeno di interruzione delle maree Fonte foto: NASA/JPL-Caltech

Gli astronomi hanno osservato di recente un fenomeno molto particolare a circa 250 milioni di anni luce dalla Terra. I protagonisti di tale evento spaziale sono un enorme buco nero che si è aperto nel cuore di un’altra galassia e una stella un tantino sfortunata, che vi si è avvicinata troppo. Il risultato è stato davvero sorprendente e, grazie ai nuovi dati raccolti, è in grado di rivelare maggiori dettagli su cosa accade durante quello che viene abitualmente chiamato evento di interruzione delle maree.

Un enorme buco nero ha divorato una stella

Attorno ai buchi neri si è costruito nel tempo uno dei capitoli più interessanti dell’intera astronomia. Studiare lo Spazio e l’Universo, insieme a ciò che vi accade, è quanto di più misterioso e al contempo sorprendente ci sia e quando accade di osservare fenomeni così rari è sempre un nuovo tassello che si aggiunge alla soluzione del puzzle più affascinante di sempre.

Grazie al satellite NuSTAR (Nuclear Spectroscopic Telescopic Array) della NASA, un team di ricerca ha potuto osservare in modo super ravvicinato un evento che ha visto protagonista una grande “finestra” che si è aperta al centro di una galassia distante dalla nostra. Un enorme buco nero ha letteralmente divorato una stella che vi orbitava attorno, a una distanza tale da non averle lasciato scampo. È la quinta volta che gli astronomi hanno potuto osservare da vicino tale fenomeno, chiamato formalmente interruzione delle maree, e stavolta sono stati in grado di captare dei cambiamenti sensibili: mentre la stella veniva risucchiata dalla gravità del buco nero, c’è stato un aumento vertiginoso dei raggi X. In sostanza più la stella si avvicinava, più il materiale veniva catturato dal buco nero formando una corona a temperatura elevatissima.

Il satellite NuSTAR, che è in grado di osservare e analizzare sensibilmente tali lunghezze d’onda, ha consentito agli astronomi di mettere a punto un nuovo studio, pubblicato sull’Astrophysical Journal, che fa finalmente luce su un fenomeno raro ma anche importante per la comprensione dei buchi neri.

Una nuova rivelazione sull’attività dei buchi neri

I buchi neri sono un grande mistero ma negli ultimi anni l’astrofisica sta facendo passi da gigante in tal senso. Merito di strumenti sensibili come il satellite NuSTAR ma anche di ricercatori che con grande caparbietà non demordono e vanno fino in fondo, spingendosi laddove non si era mai arrivati. Lo avevamo visto già con la scoperta delle onde radio formatesi attorno a dei buchi neri, causando le esplosioni di energia più intense di sempre, registrate in merito a questi corpi celesti. E adesso la nuova ricerca ci mette di fronte a un nuovo tassello.

Il fenomeno degli eventi di interruzione delle maree non erano sconosciuti, tuttavia mai come stavolta i dati raccolti ci forniscono una spiegazione più chiara di quel che accade davvero nel momento in cui un buco nero distrugge una stella. Un processo che richiede da poche settimane a interi mesi, perciò che non è semplice aver la fortuna di osservare in tempo reale.

L’evento in questione ha interessato un buco nero grande circa 10 milioni di volte la massa del nostro Sole (AT2021ehb) e gli scienziati hanno osservato un dettaglio inedito. Generalmente il lato della stella più vicino al buco nero viene attratto più intensamente rispetto al lato opposto, allungandone di fatto la forma e trasformandola in una sorta di “lungo spaghetto di gas caldo”. Questo flusso di gas forma onde d’urto e nuovi flussi che generano attorno al buco nero come dei cerchi di luce con lunghezze d’onda (sia visibili che non), ma a colpire stavolta è stata proprio la corona di raggi X ad alta energia: “Le nostre osservazioni di AT2021ehb sono in accordo con l’idea che i campi magnetici abbiano qualcosa a che fare con il modo in cui si forma la corona, e vogliamo sapere cosa sta causando che quel campo magnetico diventi così forte”, ha affermato Yuhan Yao, laureato presso Caltech a Pasadena in California e autore principale del nuovo studio.