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SCIENZA

Ritrovamento eccezionale: scoperto un cimitero che ha più di 3 mila anni

È stato ritrovato uno scheletro, nelle profondità di un tumulo in Romania: ha ben 3000 anni e rivela informazioni importantissime sulle civiltà preistoriche e sui culti funerari del passato

Può sembrare un luogo comune, ma a volte la morte altro non è che un nuovo inizio, un modo per ricominciare a capire, conoscere e imparare. Ciò può davvero valere per tutti, ma è particolarmente vero per coloro che si occupano di archeologia e storia antica. È proprio grazie ad antichissime spoglie mortali, infatti, che gli studiosi di queste discipline possono scoprire antichi misteri e un esempio pratico è il recente ritrovamento di uno scheletro che ha ben 3.000 anni.

L’eccezionale scoperta è merito degli scienziati dell’Istituto di Archeologia di Iași, dell’Università di Opava e del Museo della Slesia nella Repubblica Ceca, che da diverso tempo erano al lavoro nel sito archeologico di Drăgușeni, comune della Romania inquadrato nella regione storica della Moldavia.

Il ritrovamento del tumulo a Drăgușeni

Il lavoro dei succitati archeologi è stato lungo e, per molti versi, frustrante. A partire dal 2018, infatti, gli scienziati hanno svolto ricerche su tutta la superficie dell’area, cercando di scoprire tracce di periodi differenti. Solo dopo incessanti sessioni di ricerca che hanno portato più volte le squadre a pensare di gettare la spugna, sono stati rinvenuti le tracce di due tumuli, due grandi monumenti funerari.

Tracce, appunto, perché in realtà i due tumuli erano stati abbastanza spianati non solo per via del passare del tempo, ma anche perché a lungo l’area di Drăgușeni è stata usata per scopi agricoli. Seguendo i segnali in maniera attenta e puntigliosa, gli archeologi sono riusciti a ritrovare e ad “aprire” il primo tumulo, cercando al suo interno eventuali informazioni su culture antiche. E, alla fine, eccolo lì: uno scheletro ben conservato.

Cosa rivela lo scheletro ritrovato

Finora, lo scheletro è l’unico reperto ritrovato. Ma attenzione, perché ciò non ha lasciato insoddisfatti gli scienziati: come abbiamo accennato, infatti, il suo stato di conservazione era ottimo. Grazie alle ossa e al teschio, gli archeologi sono riusciti a capire che si tratta presumibilmente di un uomo, giovane, che è vissuto nell’Età del Bronzo. Per via della sua sepoltura, è molto probabile (se non del tutto certo) che l’uomo appartenesse a una comunità fortemente influenzata dalla cultura Jamna.

«Gli Jamna – ha detto la dottoressa Adela Kovacs, a capo della ricerca – erano una popolazione proveniente dalle steppe euroasiatiche. Si trattava di comunità nomadi prevalentemente composte da uomini, che si distinguevano sia per essere abili cavalieri che per le capacità di allevare, cacciare, pescare e coltivare nei pressi dei loro insediamenti, riuscendo a sopravvivere anche nelle condizioni meno favorevoli. La presenza di questo scheletro rivela il loro impatto in questo territorio, cosa che fino a oggi ci era poco nota, quasi sconosciuta».

I segreti dello scheletro di 3000 anni

Ma non è tutto qui, perché secondo la Kovacs e il suo team, lo scheletro «fornisce informazioni molto preziose in merito ai riti funerari praticati a quel tempo: su di esso si trovano infatti tracce di ocra rossa, una sostanza che veniva apposta sulla testa e sulle gamba del defunto per augurargli una buona rinascita richiamando il colore del sangue vivo. Ancora, la posizione del corpo è ripiegata: inizialmente era adagiato sulla schiena, con le ginocchia portate al petto, suggerendo una posizione fetale, cosa che conferma il concetto di rinascita».

Per gli scienziati, per altro, lo scheletro apparteneva a qualcuno di importante: tali attenzioni, infatti, non venivano riservate a tutti. Adesso, dunque, gli obiettivi sono due: trovare altri reperti (magari oggetti o residui di tessuti) al fine di reperire informazioni e, ovviamente, continuare a scavare nell’area per verificare la presenza di altre spoglie.

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