Sì: alcuni archeologi credono di aver trovato i resti dell'Arca di Noè
Vicino alla cima del monte Ararat in Turchia, alcuni scienziati sembrano aver trovato l'Arca di Noè. La comunità scientifica dibatte sulla veridicità della scoperta e, intanto, vanno avanti le analisi sui resti
L’Arca di Noè è davvero esistita? A dirla tutta, non c’è ancora una risposta univoca a questa domanda. La comunità scientifica è estremamente divisa su quanto è accaduto negli ultimi vent’anni: nel 2003, infatti, un gruppo di ricercatori e archeologi ha affermato di essersi imbattuto nei resti dell’Arca. Ma perché ne parliamo proprio adesso? Perché le indagini non si sono mai fermate, anzi.
Lo stesso team del ritrovamento ha eseguito centinaia di accertamenti e, oggi più che mai, in seguito ad alcuni specifici processi di approfondimento, si dice del tutto sicuro che i reperti portati alla luce siano davvero quelli dell’imbarcazione costruita per sfuggire al diluvio universale.
Il ritrovamento dell’Arca di Noè
Ma facciamo un passo indietro e andiamo all’origine di tutto, ovvero al ritrovamento dell’Arca. Correva, come già detto, l’anno 2003 quando una squadra di archeologi, storici e geologi si sono recati fra le montagne turche per vedere di presenza una delle più strane formazioni rocciose dell’area. La formazione in questione era già stata attenzionata nel 1959, ma era, al contempo, stata bollata come “curiosità”.
Di cosa si trattava? Di una sorta di impronta che sembrerebbe essere stata lasciata proprio da un’enorme imbarcazione. La forma gigante, infatti, corrisponderebbe a quella di una nave di dimensioni colossali. Va da sé che, considerata la posizione anomala di questa impronta, il pensiero degli archeologi è andato subito all’unica nave che potesse trovarsi fra i monti: l’Arca di Noè, appunto. Per altro, l’ubicazione corrisponderebbe: volendo seguire la storia biblica, il viaggio di Noè potrebbe perfettamente essersi fermato in Turchia.
Le perplessità sul ritrovamento dell’Arca di Noè
La scoperta aveva (e ha) di certo dell’incredibile: se si trattasse davvero dell’Arca di Noè si dovrebbero dare per buone molte storie della Bibbia. Tuttavia, molti scienziati non sono affatto convinti che sia così. Le loro perplessità, c’è da dirlo, sono spinte da ottime motivazioni. In primis, infatti, non sono stati davvero trovati dei “resti” dell’Arca: anche se la squadra che ha studiato l’impronta ha affermato di aver trovato sette compartimenti di legno sepolti vicino alla vetta del Monte Ararat (dove si trova l’impronta) non c’è alcuna prova che si tratti di quel legno.
Questo perché la stessa figura di Noè non è davvero collocabile storicamente, così come non è collocabile storicamente il diluvio. Non esiste nessuna prova documentata di un’alluvione/diluvio che abbia coinvolto né il globo né tantomeno le aree dove Noè sarebbe vissuto. Ancora, la formazione geologica, pur avendo la forma dell’imbarcazione, è stata analizzata da altri gruppi di scienziati che hanno più volte sostenuto che si trattasse di una semplice casualità.
Vista la posizione dell'”impronta”, infatti, è molto più verosimile che l’avvallamento e la sua curiosa forma siano il frutto di anni e anni di piogge, erosioni e fenomeni di sedimentazione, senza nessun’altra implicazione. Per altro, in molti sostengono che se davvero si trattasse dell’impronta dell’Arca, si dovrebbero trovare delle minuscole tracce di legno fra le rocce. E così non è.
Le nuove prove e il dibattito sull’Arca di Noè
Nonostante le perplessità, però, il team che sostiene che si tratti davvero dell’Arca porta ancora avanti gli studi e, qualche giorno fa, ha pubblicato una nuova ricerca sostenendo di aver prelevato un gran numero di campioni di frammenti di suolo e roccia e di averli fatti analizzare a esperti di geofisica, chimica e geoarcheologia provenienti da tutto il mondo. In base ai campioni prelevati, gli scienziati della Squadra dell’Arca avrebbero la certezza (nonostante non siano ancora arrivati gli esiti delle analisi) di essere arrivati al nocciolo della questione.
Tutti i risultati degli esami di laboratorio arriveranno fra un mese e mezzo o due. Il professor Faruk Kaya, da anni a capo dell’Ağrı İbrahim Çeçen Üniversitesi che si occupa della ricerca dal 2003 ha affermato che, intanto, la squadra continuerà a operare sul sito per raccogliere prove a sostegno che siano sempre più inattaccabili. A questo punto, dunque, non resta che attendere nuovi risvolti.