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Universo "autodidatta": potrebbe modificare le leggi fisiche che lo governano

La proposta: l’Universo potrebbe imparare le proprie leggi e modificarle, in un processo simile all’evoluzione delle specie e al machine learning

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L'Universo potrebbe imparare e cambiare le proprie leggi Fonte foto: 123RF - forplayday

Sin dalle prime osservazioni scientifiche del mondo in epoca antica, siamo abituati a pensare alle leggi fisiche che governano il nostro Universo come a un corpo di regole costanti. Definiamo “legge fisica” proprio l’espressione matematica di una “regolarità” osservabile in natura, un’espressione assoluta del mondo fisico.

Un nuovo studio propone un’immagine completamente diversa dell’Universo e delle leggi fisiche che lo regolano: il nostro Universo potrebbe imparare le sue leggi e modificarle.

Una nuova concezione dell’Universo

“Presentiamo un approccio alla cosmologia in cui l’Universo è in grado di imparare le sue stesse leggi fisiche”, inizia così il lungo studio firmato, tra gli altri, dagli scienziati di Microsoft e Brown University.
Si tratta di una concezione completamente diversa dell’Universo, che unisce questioni di fisica teorica e di filosofia della scienza e coinvolge anche un particolare tipo di machine learning.

Le leggi della fisica che possiamo osservare e misurare oggi, secondo l’affascinante ricerca pubblicata dalla Cornell University, sarebbero il frutto di un certo lavoro dell’Universo su sé stesso.

L’Universo autodidatta, espressione che è anche il titolo della proposta teorica, è immaginato come un’entità capace di comprendere ed imparare le proprie leggi in maniera autonoma, cioè senza supervisione, e di adattarle alla propria necessità di sussistenza secondo meccanismi simili a quelli di tipo biologico. Di cambiare, cioè, le leggi fisiche che conosciamo in base a dei meccanismi d’apprendimento ed evoluzione che ricalcano in varia misura l’evoluzione delle specie suggerita da Darwin.

Gli autori non dimenticano di citare tutte le altre teorie che nel corso degli anni hanno visto nel nostro pianeta o nel cosmo un organismo più o meno vivente, in alcuni casi senziente e capace di difendersi da noi uomini.

Ma qui si parla di una concezione ancora diversa del reale, che non dimentica la natura profondamente matematica dell’Universo e che piuttosto si chiede se non esista una legge universale in grado di trascendere completamente tutte le singole applicazioni scientifiche e rivelare “la trama più profonda della tappezzeria” – secondo un’immagine di Feynman molto cara ai fisici.

L’Universo autodidatta

L’applicazione dei principi della selezione naturale alla cosmologia risale alla fine dell’Ottocento, quando fu proposta dal filosofo americano Charles Sanders Pierce – non proprio dal cuore delle scienze naturali che allora chiamavano “positive”. La proposta di un Universo autodidatta nasce dalla premessa che pensare un Universo capace di “imparare” sia una nozione molto più generale rispetto all’applicazione dell’evoluzione darwiniana alle leggi fisiche del cosmo.

Non a caso le basi scientifiche del paper reggono sul serrato confronto di teorie e leggi note ed accettate, come la teoria quantistica dei campi o le teorie di gauge, con alcuni stati di determinati modelli di machine learning, come la macchina Boltzmann (RBM).

Ovvero: secondo lo studio, è possibile “costruire una corrispondenza tra le possibili leggi di natura descritte dalle teorie fisiche” ed il funzionamento di una macchina che viene appunto definita come “capace di apprendimento autodidatta”, uno dei modelli più semplici di machine learning.

In conclusione, lo studio “intende lanciare un nuovo programma nei campi della fisica teorica e della cosmologia”, il cui scopo sia quello di indagare una nuova concezione delle leggi della fisica: “una concezione in cui le leggi della fisica evolvono, e lo fanno tramite l’apprendimento”.

Sembrerà anti-intuitivo, ma come ricordano su Popular Mechanics citando Neil deGrasse Tyson: “l’Universo non ha alcun bisogno di avere senso per noi”.