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Qualcosa di preoccupante potrebbe presto capitare alle acque dell'Oceano senza circolazione

Cosa accadrebbe se si interrompesse la circolazione delle acque dell'Oceano Atlantico? Secondo un nuovo studio, niente di buono.

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Supertempeste, cambiamenti climatici improvvisi e la città di New York completamente congelata. Chi mastica di cinema sicuramente ricorderà lo scenario apocalittico descritto in The day after tomorrow, film del 2004 che prendeva le mosse dall’improvvisa interruzione della circolazione dell’Oceano Atlantico per descriverne le possibili conseguenze catastrofiche. A distanza di vent’anni quello stesso scenario non è più così distante dalla realtà: la circolazione dell’Oceano ha rallentato notevolmente, raggiungendo già una volta quello che gli scienziati hanno definito un punto di non ritorno. Oggi quello stesso punto potrebbe essere di nuovo vicino a causa del riscaldamento globale e dello scioglimento dei ghiacciai.

La circolazione dell’Oceano Atlantico vicina a un punto critico

Come riporta un saggio pubblicato su The Conversation e riproposto da Scientific American, un team di scienziati dell’Università di Utrecht autori dello studio Physics-based early warning signal shows that AMOC is on tipping course (Science Advances) hanno elaborato un modello che simula cosa accadrebbe se la circolazione delle acque dell’Oceano Atlantico raggiungesse il punto di non ritorno di cui sopra.

La circolazione meridiana atlantica (conosciuta anche con l’acronimo AMOC) trasporta l’acqua calda dai tropici verso l’estremo nord. Qui si raffredda, aumenta la salinità e torna poi verso sud. Queste correnti, dunque, sono importanti perché da una parte trasportano calore e sostanze nutritive in diverse aree del Pianeta mentre dall’altra contribuiscono a mantenere mite il clima nelle aree dell’emisfero settentrionale.

“Nella circolazione dell’Oceano Atlantico, l’acqua superficiale relativamente calda e salata vicino all’equatore scorre verso la Groenlandia – spiega l’articolo -. Durante il suo viaggio attraversa il Mar dei Caraibi, si immette nel Golfo del Messico e poi scorre lungo la costa orientale degli Stati Uniti prima di attraversare l’Atlantico. Questa corrente, conosciuta anche come Corrente del Golfo, porta calore in Europa. Mentre scorre verso nord e si raffredda, la massa d’acqua diventa più pesante. Quando raggiunge la Groenlandia, inizia ad affondare e a scorrere verso sud. Lo sprofondamento delle acque vicino alla Groenlandia attira acqua da altre parti dell’Oceano Atlantico e il ciclo si ripete, come un nastro trasportatore“.

Con lo scioglimento dei ghiacciai e della calotta glaciale della Groenlandia aumenta l’acqua dolce che si inserisce in questo “nastro trasportatore”, diluendone così la salinità e la densità e indebolendo il processo. In questo modo diminuisce il calore trasportato verso nord e si innesca un generale rallentamento che, secondo i calcoli, potrebbe raggiungere un punto critico entro 100 anni.

Il nuovo studio dell’Università di Utrecht

Questo scenario non è frutto di ipotesi ma di un’analisi statistica ben precisa, messa a punto dagli scienziati René van Westen, Henk A. Dijkstra  e Michael Kliphuis dell’Università di Utrecht: “Abbiamo eseguito un esperimento con un modello climatico dettagliato per trovare il punto critico per un arresto improvviso aumentando lentamente l’apporto di acqua dolce. Abbiamo scoperto che una volta raggiunto il punto critico, il nastro trasportatore si spegne entro 100 anni. Il trasporto di calore verso nord è fortemente ridotto, portando a bruschi cambiamenti climatici”.

Il modello climatico ha mostrato gli effetti di questo rallentamento nelle regioni influenzate dalla Corrente del Golfo, sostanzialmente nei continenti nordamericano ed europeo: “Parti del continente cambiavano di oltre 3°C ogni decennio, molto più velocemente del riscaldamento globale odierno di circa 0,2 °C ogni decennio. Abbiamo scoperto che alcune parti della Norvegia potrebbero subire cali di temperatura superiori a 20°C. D’altro canto, le regioni dell’emisfero meridionale si riscalderebbero di alcuni gradi”.

L’interruzione della circolazione meridiana atlantica avrebbe effetti anche sul livello del mare e sull’andamento delle precipitazioni, spingendo altri ecosistemi al loro punto critico. Gli scienziati hanno riportato l’esempio della foresta amazzonica, particolarmente vulnerabile alla diminuzione delle precipitazioni. Se il suo ecosistema forestale si trasformasse in prateria, la transizione rilascerebbe carbonio nell’atmosfera e comporterebbe la perdita di un prezioso serbatoio di carbonio, accelerando ulteriormente il cambiamento climatico.