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Come e perché si formano le bollicine nello champagne? Una storia affascinante

Come e perché si formano le bollicine nello Champagne? La spiegazione del processo che coinvolge anidride carbonica e lieviti

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Si tratta di una domanda che, forse, in tanti si sono fatti di fronte a un brindisi festivo: come e perché si formano le bollicine nello champagne?

La risposta è una storia lunga e affascinante che parte dalle antiche tecniche enologiche e arriva alle scoperte scientifiche più recenti.

Bollicine nello champagne: dove inizia la storia

Le bollicine nello champagne sono da secoli uno dei simboli più distintivi e affascinanti della viticoltura francese. Tuttavia, è solo grazie alla scienza moderna che possiamo comprendere a fondo i meccanismi dietro la loro formazione e il loro ruolo nel conferire carattere a questa celebre bevanda. Una storia lunga e affascinante che inizia dal passato e arriva fino ai giorni nostri, rivelando come la magia delle bollicine sia, in realtà, il risultato di processi chimici e fisici assai complessi.

La formazione delle bollicine nello champagne è legata all’anidride carbonica (CO2) disciolta nel liquido. Ogni bottiglia da 0,75 litri contiene circa cinque litri di CO2, mantenuta sotto pressione a circa sei atmosfere, equivalenti alla pressione che si prova a 50 metri di profondità sotto il mare. Questo gas si sprigiona nel momento in cui lo champagne viene versato nel bicchiere, generando il caratteristico perlage. Quest’ultimo ha anche un impatto significativo sulle proprietà organolettiche e sensoriali del vino, influenzandone aroma e sapore.

Tutto comincia con la fermentazione. Dopo la spremitura delle uve, il mosto viene lasciato fermentare in contenitori aperti. Durante questa fase, i lieviti trasformano gli zuccheri in alcol e anidride carbonica. Essendo i contenitori stappati, il gas si disperde nell’aria, lasciando il vino privo di effervescenza. Le bollicine arrivano durante la seconda fermentazione, quando la miscela di base è arricchita con zuccheri e lieviti, quindi sigillata in bottiglie di vetro spesso. In questa fase, la CO2 prodotta resta intrappolata e si dissolve lentamente nel liquido. Nel corso dell’invecchiamento, le cellule morte dei lieviti rilasciano composti che arricchiscono il gusto e l’aroma dello champagne.

Un processo noto come “riméage” prevede la rotazione periodica delle bottiglie per raccogliere i lieviti morti nel collo della bottiglia. Alla fine di questa fase, il collo viene congelato per creare un tappo di ghiaccio da espellere insieme ai sedimenti. Il vino perso è rabboccato e la bottiglia è pronta per essere sigillata e invecchiata ulteriormente. Tuttavia, il tappo non è completamente ermetico: con il tempo, la CO2 si diffonde verso l’esterno, così lo champagne perde progressivamente effervescenza. Dopo dieci anni, si stima che il 30% della CO2 disciolta si sia già dissipata.

Cosa succede quando si versa lo champagne nel bicchiere

Una volta stappata, la bottiglia rilascia rapidamente parte della CO2 accumulata. Gli studi del fisico Gérard Liger-Belair hanno dimostrato che il modo in cui si versa il vino è cruciale per preservarne l’effervescenza. Versare lo Champagne inclinando il bicchiere e lasciando scorrere il vino lungo la parete, simile al metodo usato per la birra, riduce la perdita di CO2 rispetto al versamento diretto nel centro del bicchiere.

Inoltre, la scelta del bicchiere influenza la conservazione delle bollicine: una flute, con la sua apertura stretta, riduce la superficie di contatto con l’aria e rallenta sia la dispersione del gas sia il riscaldamento del vino.

Ma come nascono le bollicine nel calice? Per formarsi, hanno bisogno di un centro di nucleazione, ovvero microscopiche irregolarità sulla superficie del bicchiere, spesso residui di fibre di cellulosa lasciate da un panno di pulizia. Da questi punti specifici, bolle minuscole iniziano a formarsi a un ritmo di circa 10 al secondo. Durante la loro ascesa, crescono di volume grazie all’assorbimento di ulteriore CO2 disciolta, aumentando anche la velocità di risalita.

La scienza ha rivelato che le bollicine svolgono un ruolo fondamentale nel bouquet aromatico dello Champagne. Quando scoppiano in superficie, rilasciano composti volatili che raggiungono il nostro olfatto, amplificando l’esperienza sensoriale. Allo stesso tempo, in bocca, l’effervescenza stimola le papille gustative, intensificando la percezione dell’acidità e mitigando quella della dolcezza. Recenti studi hanno evidenziato come la CO2 esalti la percezione degli aromi, rendendo le bollicine una componente essenziale del piacere legato a questa bevanda.

Dopo oltre due secoli dalla nascita del metodo classico, il suo fascino continua a sedurre e sorprendere. Grazie alla ricerca scientifica è facile, oggi, capire come si formano le bollicine nello Champagne e apprezzare ancor di più la complessità di un perlage che contribuisce alla magia di un brindisi perfetto.

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