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Dove vanno a finire le stelle comete? Il viaggio inaspettato

La misteriosa vita delle comete: scoperta un'attività nei pressi dei pianeti giganti del Sistema Solare, in un tratto ancora sconosciuto del loro viaggio

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Il viaggio delle comete Fonte foto: NASA

Le comete sono tra gli oggetti più imprevedibili del cosmo. Quel che sappiamo è che il loro viaggio si svolge intorno al Sole, su un’orbita molto eccentrica che può avere periodi di rivoluzione di pochi decenni come di milioni di anni.

E sappiamo che le comete che tornano a mostrarsi ai nostri strumenti, lo fanno ogni volta un po’ più deboli e meno luminose del passaggio precedente, cosa che ne rende via via più difficile l’individuazione – o l’eventuale scoperta. Un nuovo studio indaga proprio il momento in cui le stesse iniziano a “sfumare”, e potrebbe svelare molto della vita di questi misteriosi oggetti celesti.

L’attività delle comete

Le comete sono piccoli corpi celesti del Sistema Solare fatti di ghiaccio e polvere. Quel che ne vediamo è la “chioma”, un’atmosfera temporanea che tra le altre cose le distingue dagli asteroidi, a volte accompagnata da una coda di gas ionizzati – più o meno luminosa.

La formazione di chioma e coda è chiamata attività della cometa, e avviene ogni volta che il corpo celeste, nel suo lunghissimo viaggio intorno al Sole, si trova a passare “vicino” alla stella del Sistema Solare.
Come spiega Nathan Kaib, astronomo dell’Università dell’Oklahoma: “a volte sviluppano orbite molto ellittiche e fanno incursioni regolari verso il Sole e i pianeti vicini. Quando si avvicinano al Sole, l’intenso calore trasforma la loro superficie ghiacciata in gas”.

Quando passa vicina al Sole, a una distanza che va dalle 2 alle 3 unità astronomiche, il corpo ghiacciato inizia a rilasciare gas e polveri, consumando materiale dal suo nucleo: è per questo motivo, secondo gli scienziati, che le comete diventano più flebili ad ogni nuovo passaggio.

Fino ad oggi gli astronomi erano convinti che l’indebolimento dell’attività delle comete fosse dovuto proprio ad un eccessivo consumo di materiali durante questo fenomeno, che letteralmente scioglie un po’ del corpo celeste di ghiaccio ad ogni passaggio. Un nuovo studio appena pubblicato su Science Advance, però, sembrerebbe mettere in discussione quella che sembrava una certezza: Nathan Kaib ha scoperto che le comete non si “consumano” soltanto in prossimità del Sole.

Il processo di scioglimento sarebbe possibile anche in regioni lontanissime dal Sole, troppo lontane perché sia la nostra stella a consumarne il ghiaccio.

Il viaggio inatteso

Tramite delle accurate simulazioni, lo studio di Kaib dimostra che le campagne di osservazione dalla Terra si lasciano sfuggire ogni anno grandi quantità di comete di lungo periodo.

Queste sembrano sparire prima di arrivare nella regione di Saturno, in una zona del Sistema Solare in cui l’azione del Sole non dovrebbe toccare il destino dei corpi celesti. Secondo la ricerca di Kaib, anche le comete che evitano le aree interne del Sistema Solare, e restano ben oltre l’orbita di Saturno, attraversano delle fasi di indebolimento.

Ciò significa che le proprietà delle comete possono evolvere in regioni del Sistema Solare ancora non considerate, il che offre nuovi elementi per lo studio di questi misteriosi oggetti celesti. L’azione gravitazionale dei pianeti giganti del Sistema Solare, come dimostrato dalla simulazione di Kaib, restringe le orbite delle comete che vengono dalle regioni più lontane dal Sole, rendendole più circolari ad ogni passaggio.

Dovremmo quindi aspettarci di conoscere molte di queste comete dalle orbite che vanno restringendosi. Invece, sottolinea l’astronomo, “comete distanti con orbite rimpicciolite sono praticamente assenti dalle osservazioni degli astronomi, mentre le comete con orbite più larghe dominano il censimento del sistema solare esterno”.

La soluzione individuata da Kaib risiede proprio in un tratto ancora sconosciuto del viaggio delle comete intorno al Sole: durante questo restringimento di orbita, nei pressi di Saturno o Giove, avviene già qualcosa. Saranno i telescopi di ultima generazione a poter percepire anche le comete più “sbiadite” e fornire delle risposte.