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SCIENZA

Un'esplosione stellare mai vista prima: scoperta la micronova

Gli scienziati stanno approfondendo un fenomeno nuovo avvenuto nello spazio, una micronova: la potenza di quest'ultima non è affatto indifferente

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Cos'è la micronova, esplosione appena scoperta Fonte foto: ESO

Nella botte piccola c’è il vino buono: questo modo di dire calza a pennello anche per descrivere il nuovo tipo di esplosione stellare che alcuni astronomi hanno appena scoperto. Si sta parlando della cosiddetta micronova, per l’appunto una piccola deflagrazione che però si caratterizza anche per la sua grande potenza. La novità spaziale merita di essere approfondita.

Proprio di recente si è notato l’insolito comportamento della supernova Cassiopea, mentre in questo caso è stato fondamentale l’ausilio del Very Large Telescope, strumento che è in dotazione all’Osservatorio Europeo Australe (ESO). La micronova si verifica ogni volta che c’è un’esplosione sulla superficie di determinate stelle, con tantissimo materiale che va letteralmente in fumo.

Il materiale stellare bruciato durante questi fenomeni equivale a più di tre miliardi delle piramidi più grandi d’Egitto, un paragone utilizzato dagli stessi astronomi per far capire quello che è stato appena scoperto. Come rimarcato proprio dai ricercatori, fino a pochi giorni fa c’era la consapevolezza di conoscere il fenomeno delle esplosioni termonucleari di stelle, ma la micronova ha scombussolato in parte i piani. A differenza delle novae, questi episodi sono meno carichi di energia, nonostante qualche punto in comune. Ad esempio, entrambe avvengono sulle nane bianche che di solito riescono ad appropriarsi del materiale della stella “compagna” in caso di distanza ravvicinata.

Poche ore di durata

Il materiale che viene inglobato è principalmente idrogeno: il gas tende a precipitare sulla superficie della nana bianca, dando vita alla fusione degli atomi e quindi all’esplosione. Una micronova è, in particolare, una deflagrazione simile a quelle già notate in passato ma in misura ridotta. Inoltre, la sua durata è inferiore, bastano poche ore e il fenomeno giunge alla sua conclusione. Già a fine 2021 gli scienziati erano rimasti perplessi da un’esplosione nella galassia CGCG 137-068, ma la micronova è qualcosa di completamente diverso. A fornire qualche dettaglio utile in merito ci ha pensato Paul Groot, astronomo Radboud University in Olanda, coautore dello studio sul recente episodio spaziale.

Il materiale bruciato

Come ha spiegato Groot, l’idrogeno della micronova si trova inizialmente nei poli magnetici delle nane bianche. La microfusione dà luogo a un evento dalla forza esplosiva non indifferente ma che comunque equivale a un milionesimo di quella di una nova. Oltre al paragone con le piramidi egiziane, si può pensare che ogni singola micronova è in grado di bruciare materiale per ben 20 milioni di trilioni di chilogrammi, qualcosa di impressionante. Fino a non molto tempo fa si pensava che fossero eventi rari, in realtà sono molto più abbondanti di quanto si sia mai immaginato. La loro rapidità ha fatto sì che spesso fossero sottovalutati.

Il compito che spetta ora agli astronomi è presto detto. I dati raccolti dovranno essere esaminati con la massima cura, anche perché si è registrato un lampo di luce ottica durante la micronova, un segnale che potrebbe avere diverse spiegazioni. Si sa da sempre quanto possa essere affascinante la morte di una stella e con queste piccole esplosioni se n’è avuta un’importante conferma. L’obiettivo è quello di “catturare” altri fenomeni simili e che sono per ora sfuggiti all’analisi degli esperti. Serviranno indagini su larga scala e misurazioni non semplici, però le premesse sono già molto buone.

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