Libero
SICUREZZA INFORMATICA

Hacker Robin Hood: con un malware rubano ai ricchi per dare ai poveri

Non tutti gli hacker sono uguali: alcuni di loro affermano di rubare solo ai ricchi e di devolvere in beneficenza parte del ricavato

hacker buoni Fonte foto: Shutterstock

Ci sono gli hacker cattivi, gli hacker buoni e poi ci sono gli hacker che fanno cose cattive ma affermano di avere saldi principi etici, fanno beneficenza e comunicano tutto ciò tramite comunicati stampa pubblicati sul Dark Web, dove li possono leggere solo i brutti ceffi di Internet. Questi ultimi si fanno chiamare “The Darkside ransomware gang” e, come è facile capire, sono specializzati in attacchi ransomware.

I ransomware sono una particolare categoria di malware, cioè di virus elettronici, che quando infettano un computer o uno smartphone poi rendono illeggibili i dati del dispositivo crittografandoli. Il passo successivo è chiedere un riscatto (ransom, in inglese) alla vittima: o paga o perde i dati. The Darkside ransomware gang fa esattamente questo, però afferma che le sue vittime sono solo grandi corporation e che parte dei riscatti vengono devoluti in beneficenza. Un po’ come faceva Robin Hood, solo che qui si ruba online e la beneficienza si fa in bitcoin: 0,88 bitcoin (che valgono 10.000 dollari) a testa alle associazioni no profit Children International e The Water Project.

Hacker Robin Hood: come operano

The Darkside ransomware gang afferma di colpire solo i network delle grandissime aziende, infettandoli con un virus ransomware che cripta tutti i dati. I riscatti richiesti sono a sei zeri: milioni di dollari per avere indietro i dati, oppure i file vengono pubblicati su un portale che la gang gestisce.

Ovviemante sul Dark Web, dove migliaia di altri hacker non vedono l’ora di mettere le mani su quei dati, anche per sferrare nuovi attacchi. La gang ha pubblicato anche le ricevute di due versamenti effettuati alle associazioni caritatevoli, dimostrando così che qualcuno ha effettivamente pagato il riscatto.

Pensiamo che sia giusto che parte del denaro che hanno pagato – si legge nel comunicato – vada in beneficenza. Non importa se voi credete che il nostro lavoro sia sporco, ci piace sapere che abbiamo aiutato qualcuno a cambiare vita“. La cosa, però, non è così semplice: le donazioni sono fatte con denaro esplicitamente sporco, quindi verranno bloccate e ai poveri non andrà il becco di un quattrino.

Hacker etici

Negli ultimi tempi non è raro trovare gruppi organizzati di hacker che si muovono in questo modo. Durante i mesi più duri della pandemia da Covid-19 molte gang si sono astenute dall’attaccare le strutture sanitarie (mentre altre, purtroppo, hanno bloccato interi ospedali in USA e in Germania).

Nel 2016 un gruppo chiamato Phineas Fisher affermò di aver bucato i server di una banca per poi donare i soldi alla provincia autonoma di Rojava, in piena guerra e attualmente al centro delle pressioni della Siria da una parte e della Turchia dall’altra.

Nel 2018 la gang GangCrab ha invece regalato le chiavi crittografiche alle vittime dei suoi attacchi, ma solo quelle siriane.

TAG: