La UE contro Amazon: che succede
Lo scorso agosto Amazon aveva annunciato di essere in trattativa per l’acquisizione di iRobot, l’azienda famosa per la produzione del robot aspirapolvere Roomba. Ma come spesso accade quando una big tech cerca di acquisire un’azienda più piccola, prima di chiudere l’operazione (che in questo caso vale 1,7 miliardi di dollari) deve prima passare sotto la lente d’ingrandimento delle autorità di regolamentazione del mercato. Non solo in USA, dove hanno sede legale entrambe le aziende, ma anche in UE, visto che sia Amazon che iRobot sono attive sul nostro mercato. Come era prevedibile sin dall’inizio, però, l’antitrust UE ha qualcosa da dire.
Amazon sotto i fari dell’antitrust UE
Secondo quanto riportato dal Financial Times, Amazon è finita sotto i riflettori dell’UE per questo affare. In pratica l’antitrust dell’Unione Europea vuole vederci chiaro su alcuni aspetti di questa trattativa ed ha di conseguenza inviato ad Amazon una serie di domande riguardanti questa acquisizione.
Un portavoce di Amazon ha dichiarato che “stiamo lavorando in collaborazione con le autorità di regolamentazione competenti nella loro revisione della fusione“. Amazon prima di chiudere questa transazione, ha la necessità di ricevere formalmente l’approvazione della Commissione europea. Insieme alle controparti antitrust statunitensi e britanniche, anche quella dell’UE negli ultimi tempi è diventata molto più severa nei confronti delle grandi big tech quando cercano di acquisire altre aziende.
Nello specifico, secondo quanto riportato dal Financial Times, l’UE ha espresso alcuni dubbi su alcuni modelli di aspirapolvere Roomba (j7 e j7+) che sono in grado di scattare foto all’interno della casa per determinare una mappa precisa che ha come scopo quello di migliorare le funzioni di pulizia. L’UE vuole capire come Amazon intende comportarsi, a livello di privacy con tali foto che vengono scattate.
I dubbi che sono all’origine dell’indagine dell’UE derivano dal fatto che tempo addietro era stato scoperto che alcune di queste foto scattate dai robot aspirapolvere di iRobot, sono state inviate a Scale AI per consentire alle sue tecnologie di intelligenza artificiale di riconoscere gli oggetti che comparivano in tali foto. Questo invio era legittimo, in quanto iRobot aveva stipulato un contratto con Scale AI per questa condivisione. Ma la cosa grave è che un dipendente di Scale AI ha visto bene di condividere online alcune di queste foto che poi sono finite in gruppi privati su Facebook e Discord.
Dove vanno i dati dei robot?
Venuta a conoscenza della questione, iRobot ha subito cancellato l’accordo con Scale AI, ma questo avvenimento ha di fatto evidenziato i possibili rischi per la privacy derivanti dall’uso dei robot aspirapovere (tutti, non solo quelli di iRobot).
Sullo sfondo c’è la solita, spinosissima, questione: su quali server vengono archiviati i dati (in questo caso le foto e le mappe delle nostre case) generati dai dispositivi elettronici che usiamo tutti i giorni? Nel caso specifico, vista la normativa europea sulla privacy (GDPR), c’è anche da chiedersi in quale paese sono fisicamente situati i server in quesione.
In pratica Amazon, per avere il benestare all’acquisizione di iRobot, deve convincere l’UE che foto e mappe generate dai robot non saranno divulgate o condivise, né utilizzate dall’azienda di Seattle per ottenere dati sugli utenti che acquistano tali modelli di Roomba. Amazon infatti, potrebbe scoprire dalle foto dei robot quali oggetti sono presenti in casa, e capire le preferenze dell’utente per poi proporgli prodotti simili venduti sul suo immenso e-commerce.