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Sfida all'AI: il make-up contro il riconoscimento facciale

Sfida all'AI: i giusti consigli sul make-up possono confondere i software di riconoscimento facciale. Con i consigli di un'altra AI, la loro efficacia cala sotto l'1%.

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Il make-up sfida l'AI Fonte foto: iStock

Gli algoritmi per il riconoscimento facciale vengono oggi usati da complesse strutture di controllo cittadino, come avviene in alcune città cinesi, ma anche dagli smartphone che abbiamo in tasca.

Si può sbloccare il proprio iPhone grazie al Face ID, che usa proprio il riconoscimento facciale, ma la tecnologia biometrica sta avanzando rapidamente anche in altri settori, come la vendita al dettaglio e alcune particolari campagne marketing.

C’è però chi non è particolarmente felice di condividere la propria “impronta facciale” con il mondo: il segreto per sfuggire al riconoscimento da parte dell’AI, secondo un nuovo studio, potrebbe essere nel make-up.

L’esperimento: AI contro AI

I software di riconoscimento facciale funzionano grazie a delle Intelligenze Artificiali, del tipo che si alimenta con il machine learning, in grado di trasformare l’immagine di un volto catturato da una camera in un codice numerico.

Le intelligenze artificiali vengono allenate a riconoscere i volti umani usando dati fondamentali tra cui la distanza tra gli occhi, quella tra fronte e mento, il contorno delle labbra ed i tratti che distinguono un volto dall’altro anche ad uno sguardo umano.

Quando si sblocca il proprio smartphone con il riconoscimento facciale, quello che l’applicazione vede è la nostra impronta facciale, ovvero una complessa struttura di dati rilevata dai dettagli sopra, che distingue matematicamente un volto da un altro.

La dottoressa Nitzan Guetta, dell’Università Ben Gurion di Negev, in Israele, ha deciso di sviluppare un’Intelligenza Artificiale in grado di “confondere” il riconoscimento facciale: suggerendo il make-up adatto ad ogni volto, la nuova AI può convincere Face ID di essere di fronte ad una persona diversa.

Il segreto è nel make-up!

Lo studio di Guetta e colleghi si è servito di un esperimento che ha coinvolto 10 donne e 10 uomini con un’età compresa tra i 20 e i 28 anni, che sono stati truccati con delle palette dai colori naturali e per niente appariscenti, a dimostrare che non è certo il colore a creare confusione nel pattern di riconoscimento facciale.

Come afferma Mariann Hardey dell’Università di Durham, “ciò che rende questo sistema particolarmente intelligente è che non si affida a colori sgargianti”. Ciò è di fondamentale importanza, in quanto consentirebbe alle persone di sfuggire al riconoscimento facciale senza dover necessariamente attirare l’attenzione su di sé per altre, appariscenti, ragioni.

L’applicazione del make-up scelto dall’AI di Guetta sui 20 volontari coinvolti nell’esperimento ha dato i risultati sperati: il tasso di riconoscimento facciale è calato dal 42 allo 0,9% per le donne e dal 52 all’1,5% negli uomini.

In generale, l’efficacia dei software di riconoscimento facciale, che ha un successo di riconoscimento vicino al 50% in condizioni naturali, sprofonda fino all’1% semplicemente grazie all’applicazione del make-up.

Oltre ad una sfida tra tik-tokers, quindi, “il facial contouring potrebbe diventare la prossima mossa per proteggere la propria privacy in pubblico”, conclude Hardey.