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SCIENZA

Marmolada, perché da un momento all'altro qualcosa potrebbe esplodere sotto terra

Una tragedia che si rivela ancora più complicata da gestire, che richiede delicatezza: la Marmolada è a rischio esplosioni per via di alcuni ordigni bellici presenti sotto terra.

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Il tratto della Marmolada interessato dal crollo del ghiacciaio Fonte foto: Ansa

Sessantamila metri cubi di montagna in dieci secondi: questo è ciò che è successo sulla Marmolada. Una strage, una tragedia nel cuore delle Dolomiti che, a oggi, conta ben nove vittime accertate. Un disastro da ricondurre al riscaldamento globale e agli incontrollabili cambiamenti climatici che affliggono il pianeta e che hanno condannato diverse persone a morte, mentre altre ancora sono disperse.

Se non bastasse, qualcosa rende ancora più difficili le operazioni di salvataggio: mentre il cuore dei parenti e dei soccorritori palpita per correre contro il tempo e trovare quante più persone (e corpi) possibili, i Vigili del Fuoco lanciano l’allarme: qualcosa potrebbe esplodere sotto terra.

La Marmolada a rischio esplosione

Le esplosioni in questione, però, non hanno niente a che fare con lo scioglimento dei ghiacci. Il problema è legato, in realtà, a dei congegni umani: delle bombe. Sì, perché stando ai Vigili del Fuoco, sulla Marmolada ci sono ancora dei congegni esplosivi risalenti alla Prima Guerra Mondiale che, per via degli spostamenti dei soccorritori e degli scavi potrebbero esplodere.

Non solo: anche eventuali frane o valanghe, visto il via-vai attuale, possono innescare questi congegni. Nonostante siano inattivi, infatti, si tratta comunque di bombe estremamente pericolose e sensibili, che possono mettere a rischio la vita di tutti i presenti nella zona della tragedia.

Gli ordigni della Grande Guerra sotto la Marmolada

Stando al Ministero della Difesa, il rischio di trovare ordigni militari inesplosi è ancora alto nonostante siano passati decenni dalla fine dei conflitti globali. La Marmolada, in particolare, è stata interessata dall’omonima battaglia, andata avanti per tutto il 1916 e fino all’ottobre del 1917: l’obiettivo dell’Italia, ai tempi, era conquistare e tenere le posizioni difensive che si trovavano sulla cima del ghiacciaio, dalle quali si potevano controllare gli accessi in Val di Fassa e Val Badia.

Nel 1917, gli italiani abbandonarono le posizioni perché l’esercito austro-ungarico, che le minacciava, non aveva più potenziale per riuscire nell’intento. Gli uomini furono richiamati sul Piave, ma diverse bombe e granate inesplose rimasero a giacere tra ghiacci, rocce e grotte. Al termine dei conflitti, com’era prassi, non venne effettuato alcun controllo né alcuna bonifica, dando per scontato che l’inospitalità del luogo non avrebbe creato danni a lungo termine.

L’impatto degli ordigni inesplosi sulla Marmolada

Sempre il Ministero della Difesa, nell’apposito periodico dedicato alle bombe risalenti al periodo bellico, rivela che questo genere di armamenti si trovano attualmente in una condizione di “letargo letale”. Il motivo per cui non sono esplosi ai tempi del conflitto sono ignoti, ma le conseguenze sono ben più che immaginabili: non essendo, al momento, identificabili le tipologie di armamenti e le quantità di esplosivi, l’unica strada da percorrere per evitare esplosioni disastrose è quello di procedere con calma e cautela.

Ciò stride con la situazione e con i tempi stretti per salvare i superstiti, ma di fatto sono in azione i droni per proseguire con le ricerche e sono stati attivati una serie di rada che captano i movimenti di valanghe e frane e potrebbero essere, dunque, in grado di fornire dati su eventuali zone a rischio.

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