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A Pompei una nuova scoperta fa luce su una storia drammatica

Un angusto ambiente, probabilmente un panificio, è riemerso a Pompei: rappresenta un drammatico tassello della vita quotidiana degli schiavi in epoca romana.

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La terribile eruzione del Vesuvio, avvenuta nel 79 d.C., ha cristallizzato un’intera città preservandola dal passare dei secoli: Pompei è, ad oggi, uno dei siti archeologici più preziosi al mondo, in grado di fornirci una narrazione davvero molto dettagliata delle condizioni di vita dei suoi passati abitanti. In particolare, negli ultimi anni sono state fatte diverse scoperte che hanno permesso di immaginare come vivessero gli schiavi in epoca romana. È in questo filone che si inserisce il nuovo ritrovamento, che racconta una storia drammatica.

Il panificio-prigione a Pompei

Ci sono aree ancora inesplorate di Pompei, che potrebbero celare tesori preziosissimi: è per questo che gli archeologi continuano a portare avanti campagne di scavi, come quella che coinvolge l’insula 10 della Regio IX. In questa zona, i lavori hanno riportato alla luce i resti di un edificio alquanto particolare, un angusto panificio-prigione. Di che si tratta? La struttura era divisa in due parti: l’ala residenziale era piuttosto lussuosa e decorata da sontuosi affreschi, mentre il forno era un ambiente stretto e soffocante, con piccole finestre sbarrate da grate di ferro.

Gli esperti ritengono che il panificio fosse una vera e propria prigione per gli schiavi, che erano costretti a trascorrere ore a macinare il grano necessario per produrre il pane. Le loro condizioni di vita dovevano essere davvero misere: il panificio non aveva alcun accesso al mondo esterno (ad eccezione delle finestrelle sbarrate), poiché l’unica porta d’uscita conduceva all’atrio principale dell’abitazione. Al suo fianco, inoltre, si trovava una stalla con mangiatoia, anch’essa senza sbocco sulla strada. Qui venivano tenuti gli asini che, in passato, venivano impiegati per azionare le macine, bendandoli affinché non tentassero la fuga.

Sul pavimento si notano ancora i solchi prodotti dalle povere creature costrette a girare in tondo per ore, senza alcun riposo. “Le fonti iconografiche e letterarie suggeriscono che di norma una macina fosse movimentata da una coppia composta da un asino e uno schiavo. Quest’ultimo, oltre a spingere la mola, aveva il compito di incitare l’animale e monitorare il processo di macinatura, aggiungere del grano e prelevare la farina” – ha spiegato Gabriel Zuchtriegel, direttore degli scavi a Pompei. Probabilmente, all’epoca dell’eruzione la casa era in fase di ristrutturazione, ma la presenza dei resti di tre vittime ritrovati in una delle stanze del panificio indica che era tutt’altro che disabitata.

Le drammatiche condizioni degli schiavi

Questa nuova scoperta fa luce su quelle che erano le drammatiche condizioni di vita degli schiavi a Pompei, in epoca romana. Non si tratta della prima testimonianza simile: poco tempo fa, in una grande villa situata a Civita Giuliana, gli archeologi hanno rinvenuto i resti di due vittime, probabilmente un padrone e il suo schiavo. In seguito, sono state trovate alcune stanze adibite ad alloggi per la servitù, una delle quali presentava due letti molto diversi tra loro: chiaro segno che, anche tra le persone ridotte in schiavitù, esisteva una gerarchia.

Proprio per raccontare queste storie terribili, nasce la mostra L’altra Pompei: vite comuni all’ombra del Vesuvio. A partire dal 15 dicembre 2023, i turisti possono visitare l’esposizione che si concentra su uomini e donne ridotti in schiavitù, i quali costituivano probabilmente più di metà della popolazione di Pompei e contribuivano in modo sostanziale al sistema economico e sociale della civiltà romana.

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