Nello Spazio c'è una fonte di energia enorme che continua a scatenare strane tempeste di particelle
Sembra un faro cosmico: la Vela ha i raggi gamma con la più alta energia mai emessi da una pulsar e ancora oggi scatena tempeste di particelle che ossessionano gli scienziati
Una fonte d’energia apparentemente inesauribile continua a ossessionare gli scienziati: si tratta della pulsar Vela (o Pulsar delle Vele), che da moltissimo tempo continua a essere al centro degli studi di astronomi, astrofisici e teorici. Distante circa 1.000 anni luce dalla Terra, questa stella di neutroni è stata paragonata a una sorta di faro cosmico, perché continua a illuminarsi regolarmente mentre gira.
Ma, ovviamente, non è tutto qui: la pulsar Vela è anche la terza componente ottica più luminosa tra tutte le pulsar conosciute e continua regolarmente a scatenare tempeste di particelle, o meglio una sorta di vento composto da particelle di alta energia, che scontrandosi con i gas che incontra sul proprio cammino genera dei fenomeni tutti da osservare.
La formazione della pulsar Vela
Come mai stiamo tornando a parlare della pulsar Vela? Semplice: perché la NASA ha riproposto uno scatto davvero suggestivo sul suo profilo Instagram. Lo scatto immortala proprio questa stella di neutroni, che ancora oggi viene sondata dagli scienziati con l’obiettivo di scoprire tutto ciò che succede a una stella dopo il suo collasso e la conseguente esplosione. Nel caso della Vela, come appare chiaro dall’immagine, l’interesse è focalizzato soprattutto sulla produzione del vento/tempesta di particelle ed energia: gli strumenti della NASA, infatti, mostrano l’orientamento medio dei raggi X rispetto al getto.
La pulsar Vela si è formata circa 10.000 anni fa, e la luce arrivata sulla Terra è stata la diretta conseguenza dell’esplosione di una stella gigante proprio nella Costellazione della Vela (da qui il suo nome). La supernova che si è generata ha lasciato dietro di sé un oggetto denso chiamato pulsar ed è proprio dalla superficie di quest’ultimo oggetto che emergono i venti di particelle che, viaggiando alla velocità della luce, creano scompiglio ed emettono impulsi a intervalli più o meno regolari.
Uno scatto che parla di polarizzazione
La parte più interessante dei venti di particelle emessi dalla pulsar Vela, però, sta tutta nel momento in cui questi ultimi si incontrano con i gas presenti nell’area circostante. Particelle cariche e campi magnetici si "schiantano", dando vita a un fenomeno chiamato pulsar wind nebula [nebulosa del vento pulsar], che permette di misurare la polarizzazione, ossia l’organizzazione delle onde elettromagnetiche. Lo studio della nebulosa della Vela, grazie alla sua attività ininterrotta, permette agli scienziati di raccogliere moltissimi dati sulla polarizzazione e di comprendere in modo unico come una pulsar (e in generale gli oggetti cosmici) accelerino le particelle ad alta velocità.
Lo scatto riproposto dalla NASA è davvero significativo: l’alone azzurro leggermente opaco, infatti, corrisponde ai primi dati di polarizzazione dei raggi X, mentre la linea blu sfocata che punta verso l’angolo in alto a destra corrisponde a un getto di particelle ad alta energia "sparate" dalla pulsar a circa la metà della velocità della luce. Infine, gli "archi" rosa dovrebbero essere i bordi delle regioni dove il vento della pulsar colpisce e accelera le particelle ad alta energia, mentre nel piccolo centro bianco c’è la pulsar stessa.
Cosa sappiamo finora sulla pulsar Vela
Gli studi che gli scienziati stanno conducendo sulla pulsar Vela hanno dimostrato che al momento il vento di questa stella di neutroni mostra il più alto grado di polarizzazione misurato fino ad oggi in una sorgente di raggi X celesti. L’elevata polarizzazione indicherebbe che i campi elettromagnetici sono ben organizzati. Sarebbero, in sostanza, allineati in direzioni specifiche e gli scienziati suppongono che il loro comportamento dipenda anche dalla posizione nella nebulosa.
Inoltre, a differenza di altre supernove, l’elevata polarizzazione del vento della pulsar Vela suggerisce che gli elettroni non sono stati accelerati da shock turbolenti. È probabile che nel comportamento di questo oggetto celeste sia coinvolto qualche altro processo. Gli scienziati identificano come "responsabile" la riconnessione magnetica, che comporta la rottura e l’unione delle linee dei campi magnetici. Naturalmente, gli studi sono ancora in corso e in evoluzione: presto, dunque, potremmo avere ulteriori risposte.