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SCIENZA

Una nuova teoria potrebbe risolvere uno dei più grandi e antichi misteri dello Spazio

Un team ha pubblicato un articolo e spiegato i risultati del proprio esperimento: finalmente svelato il mistero della struttura a perle

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Antico mistero dello Spazio Fonte foto: 123RF

La comprensione dell’origine e la distribuzione degli agglomerati lungo l’anello equatoriale della supernova Sn 1987A rappresenta uno dei tanti misteri dello Spazio. Un gruppo di scienziati dell’Università del Michigan ha però pubblicato un articolo su Physical Review Letters, spiegando come la “struttura a perle” possa formarsi, analizzando l’interazione esistente tra i vortici formati dal gas in rotazione.

Struttura a perle in una supernova

Si può dire che esiste un legame profondo tra gli studiosi della Terra e la supernova 1987A. Si tratta infatti di una delle esplosioni stellari più note, considerando come la sua distanza dal nostro pianeta sia di “appena” 163.000 anni luce. Siamo inoltre stati in grado di studiarne attentamente l’evoluzione, tenendo conto del fatto che la sua luce ha raggiunto la Terra poco meno di 40 anni fa. Al tempo avevamo già le tecnologie necessarie per approfondire uno studio adeguato.

Ad affascinare gli studiosi, inoltre, è la ben nota “struttura a perle” che si evince da ogni elaborazione grafica garantita dai telescopi spaziali. Non possiamo vantare conoscenze approfondite sulla stella che esplose. Si suppone però che l’anello di gas che la circondava, prima dell’esplosione, provenisse dalla fusione di due stelle.

Queste avrebbero disperso idrogeno nello spazio nella fase di formazione di una gigante blu. A ciò si aggiungono altre supposizioni estremamente interessanti, riguardanti la nube di gas, che ha una particolare forma ad anello. Si ritiene sia stata colpita da un flusso di particelle cariche, ovvero un vento stellare, proveniente proprio dalla stella.

Cosa ci dice ciò delle perle? Che probabilmente erano già presenti quando la supernova è esplosa. Ciò però non ci aiuta nel comprendere la loro formazione. Un ostacolo decisamente complesso da superare per gli astronomi. Oggi, però, Michael Wadas e i colleghi dell’Università del Michigan promettono una svolta. Hanno di fatto indicato un’ipotetica soluzione a questo mistero.

L’esperimento

La struttura a perle, o a grumi, potrebbe essersi formata a causa del fenomeno fluidodinamico che può condurre alla rottura della scia di condensazione di un aereo. Si parla dunque dell’instabilità di Crow. A differenza dell’instabilità di Rayleigh-Taylor, che generalmente viene sfruttata dai fisici per spiegare il motivo per il quale si formano delle strutture fluide nei plasmi, Crow pare adattarsi molto meglio e spiegare la presenza di tale struttura specifica.

Quando si analizzano le scie di condensazione degli aerei, quella che è una linea uniforme vede generarsi delle interruzioni, a causa dell’instabilità di Crow. Ciò comporta dei flussi d’aria a spirale, provenienti dalla punta delle ali. Si parla in questo caso di vortici d’estremità d’ala. Questi si mescolano e comportano la formazione di spazi vuoti, di cui è possibile renderci conto grazie alla presenza di vapore acqueo nelle scie.

L’instabilità di Crow consente di prevedere il numero di queste “perle” che, potenzialmente, possono formarsi intorno ai resti della supernova.

Ricorrere a Rayleigh-Taylor, invece, consentirebbe unicamente di evidenziare la presenza eventuale di “grumi”. Ottenere un numero preciso sarebbe invece estremamente difficile. Ciò che i ricercatori hanno fatto è stato simulare come il vento, proveniente dalla stella progenitrice di Sn 1987A, proceda a spingere la nube di idrogeno verso l’esterno, deformandone la superficie. In questo modo l’area superiore e inferiore della nube viene spinta verso l’esterno con maggior velocità rispetto al centro.

Da ciò si potrebbe generare una compressione della nube su di sé, innescando di fatto l’instabilità di Crow. Da qui si arriverebbe alla frammentazione in grumi, con una regolarità tale da ottenere la “struttura di perle”. La previsione ottenuta dall’esperimento è di 32 grumi, il che è molto vicino ai 30-40 effettivamente osservati intorno ai resti della supernova.