Trovato un computer "AI" che ha quasi 40 anni: come è fatto
Sega AI è il primo computer AI della storia e risale al 1986. Una rivoluzione per l’epoca e un’innovazione così imponente che al tempo non fu compresa pienamente
Sega è un brand che per gli appassionati di videogiochi rappresenta davvero un pezzo di storia delle console e non solo. L’azienda giapponese, infatti, è nota in tutto il mondo per aver dato i natali ad alcuni dei personaggi più famosi del mondo dei videogames, uno fra tutti Sonic, il celebre riccio blu, ma naturalmente non è il solo.
I prodotti a marchio Sega hanno raggiunto davvero vette di popolarità incredibili, andando a ridisegnare l’intrattenimento domestico tra gli anni ’80 e ’90 grazie a console come il Sega Mega Drive o il Game Gear. Oltre a questo, però, non tutti sanno che la multinazionale ha portato sul mercato giapponese nel lontano 1986 il primo computer AI commerciale della storia, chiamato Sega AI.
Di recente Omar Cornut, sviluppatore e programmatore di videogiochi, è riuscito a mettere le mani proprio su uno di questi computer funzionanti, ed è riuscito ad analizzare alcuni dei programmi sviluppati da Sega, condividendo la scoperta col sito SMSPover.
Come era fatto il Sega AI
Il Sega AI aveva una CPU NEC V20 a 16 bit (con clock a 5 MHz), ben 128 KB di RAM e poteva essere utilizzato sia con le celebri cassette a marchio Sega sia con le Sega My Cards, delle unità di memoria esterne che contenevano i diversi software da utilizzare con questo dispositivo.
Interessante notare che queste unità, seppur speculari a quelle utilizzate nelle altre console a marchio Sega, erano compatibili solo con il Sega AI.
Il computer, inoltre, era dotato di numerosi moduli esterni tra cui una tastiera da utilizzare per la programmazione, una (rudimentale) tavoletta grafica, un dispositivo per il riconoscimento vocale e, addirittura, un compositore musicale da utilizzare ognuna con l’apposito programma.
Naturalmente, non bisogna immaginare dei software professionali ma erano principalmente orientati alla didattica e all’apprendimento. Un sistema semplice (rispetto agli standard di oggi) ma che per l’epoca rappresentava una vera e propria rivoluzione che, però, non riuscì a conquistare pienamente l’utenza, complice anche la disponibilità in esclusiva per il mercato giapponese.
Sega AI, il primo computer AI
Ciò che è interessante notare quando si parla di Sega AI è che questo primo tentativo di intelligenza artificiale risale alla metà degli anni ’80, quando questo argomento era visto ancora come un qualcosa legato alla fantascienza e a un certo tipo di letteratura o filmografia.
Eppure questo dispositivo era in grado di comprendere le domande degli utenti e di rispondere loro utilizzando il linguaggio naturale, seppur in maniera estremamente semplice rispetto alle moderne soluzioni sul mercato come ChatGPT e affini.
Poi anche il fatto che fosse rivolto principalmente ai bambini in qualche modo ha limitato l’immaginazione degli sviluppatori che sono rimasti ancorati a un certo tipo di utilizzo che non poteva essere indirizzato verso chissà quali evoluzioni future. Eppure nelle intenzioni di Sega c’era il lancio sui mercati esteri, gli Stati Uniti principalmente, dove forse avrebbe avuto un destino diverso.
Ma la cosa estremamente interessante è che il Sega AI funzionava con il linguaggio di programmazione Prolog AI, che era nato una decina di anni prima e che è vivo ancora oggi, anche in forme più moderne come Datalog o AnsProlog. Prolog AI ha la caratteristica peculiare di accettare comandi espressi in forma logica, esattamente come oggi i chatbot più famosi accettano “prompt” discorsivi e non necessitano comandi specifici.
Sega AI, quindi, era decenni avanti, era la versione molto semplificata e basilare della rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo oggi con ChatGTP, Google Bard e chatbot simili. Alla fine, comunque, il progetto fu accantonato prima della fine degli anni ’80 e oggi è praticamente introvabile, diventando davvero un oggetto di culto che, come pochi altri, ha saputo anticipare i tempi, forse anche troppo per essere compreso pienamente.