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Allergie stagionali? La situazione peggiorerà nei prossini anni

L'aumento delle temperature e soprattutto della produzione di anidride carbonica potrebbero rendere la vita più difficile a chi soffre di allergie stagionali

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Allergie stagionali? La situazione peggiorerà nei prossini anni Fonte foto: 123RF

Aprile e maggio sono i mesi della rinascita: gli alberi sono in fiore, gli animali escono dal letargo, le giornate cominciano ad allungarsi. Un paradiso, giusto? Non se soffri di allergie: in questo caso sono i mesi degli starnuti, degli occhi gonfi e degli antistaminici. E nei prossimi anni potrebbe andare peggio. Il responsabile? Il cambiamento climatico.

Il cambiamento climatico e le allergie

Quello che fa starnutire una persona allergica sono i pollini: granelli che assomigliano a polvere e che contengono il materiale genetico maschile che le piante usano per riprodursi.

La quantità di polline prodotto dipende dalla crescita della pianta. In molte aree, a un aumento delle temperature globali corrisponderà una crescita maggiore delle piante, e quindi una maggiore produzione di polline. Ma la temperatura è solo una parte dell’equazione. I ricercatori dell’Università del Michigan, Yingxiao Zhang e Allison Steiner, hanno scoperto che il fattore principale dell’aumento del polline sarà l’incremento delle emissioni di anidride carbonica. Quest’ultima, infatti, alimenta la fotosintesi, grazie a cui le piante possono diventare più grandi e produrre più polline.

È un tema che merita molti approfondimenti e uno studio costante, visto l’impatto che ha sulla salute umana e, di conseguenza, anche sull’economia: ma per farlo servono centri di ricerca specializzati e soprattutto punti di osservazione sparsi sul territorio, che possano monitorare il fenomeno. O magari si potrebbe applicare anche al polline la tecnologia rivoluzionaria che potrebbe far scomparire per sempre l’allergia al pelo del gatto.

Una stagione più lunga

Ma in che senso le allergie peggioreranno nei prossimi anni? I pollini diventeranno più numerosi o più grandi? No, ma la “loro” stagione si allungherà, e diventerà più intensa.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature e basato su dati americani, dice che gli Stati Uniti dovranno affrontare un aumento fino al 200% del polline totale nel corso di questo secolo, se manterremo le emissioni di biossido di carbonio ai livelli odierni. In questo scenario, la stagione dei pollini primaverili inizierà fino a 40 giorni prima e durerà fino a 19 giorni in più rispetto a oggi.

Lo studio si è concentrato su una dozzina di tipi di piante e alberi e su come i loro pollini influenzeranno in modo diverso le regioni degli Stati Uniti. I due ricercatori hanno per esempio scoperto che saranno querce e cipressi i maggiori responsabili dell’aumento di pollini. Ma gli allergeni aumenteranno praticamente ovunque, con conseguenze per la salute umana.

In genere, l’impollinazione inizia con gli alberi a foglia caduca alla fine dell’inverno e in primavera. Ontano, betulla e quercia sono i tre alberi di questo tipo che causano più allergie. Ma ce ne sono altri, come il gelso. In estate spuntano le graminacee, seguite dall’ambrosia alla fine della stagione più calda. Ora, per colpa dell’allungamento della stagione e dell’aumento di temperature ed emissioni di carbonio, i periodi di impollinazione si stanno sovrapponendo tra loro.

Questo è solo un ulteriore avvertimento che il mondo sta dando all’uomo: è vicino al punto di non ritorno e rischiamo di causare danni irreversibili in pochissimo tempo.

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