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SCIENZA

Trovato per caso a Verona un "oggetto incredibilmente raro"

A lungo conservato in una collezione museale a Verona, nessuno sapeva di cosa si trattasse: adesso sappiamo che è un "oggetto incredibilmente raro".

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Lo hanno definito un “oggetto incredibilmente raro” ed è proprio così: a Verona hanno trovato un astrolabio in ottone risalente all’XI secolo, inciso con annotazioni in più lingue e che, dunque, si è evoluto nel corso del tempo a seconda delle esigenze degli astronomi che ne fecero uso. “Il museo non sapeva cosa fosse e pensava che potesse effettivamente essere falso. Ora è l’oggetto più importante della loro collezione”, ha affermato la storica Federica Gigante dell’Università di Cambridge, autrice della scoperta nell’ambito della Fondazione Museo Miniscalchi-Erizzo di Verona.

La scoperta dell’astrolabio a Verona

Gli astrolabi sono strumenti che tracciano le mappe dei cieli in uso da molte centinaia di anni, costituiti appunto da una mappa del cielo con parti rotanti che consentono a chi li utilizza di calcolare la propria posizione nel tempo e nello spazio. Strumenti potenti che, non a caso, sono stati a lungo utilizzati non solo per la navigazione, ma anche per l’astronomia e l’astrologia.

Ideato nell’antica Grecia, l’astrolabio ha raggiunto il suo massimo sviluppo nel mondo islamico e l’oggetto trovato a Verona ne è la piena testimonianza. Faceva parte già da tempo della collezione della Fondazione Museo Miniscalchi-Erizzo e in origine apparteneva con molta probabilità al nobile e collezionista d’arte Ludovico Moscardo, che visse proprio a Verona nel XVII secolo.

Questo sorprendente manufatto è sempre stato lì, a disposizione dei curatori del Museo, ma nessuno ne aveva mai compreso la reale importanza. La scoperta è stata possibile grazie alla storica Federica Gigante dell’Università di Cambridge, specializzata in manufatti del mondo islamico della prima età moderna, in modo del tutto casuale.

Notando per caso una foto dell’astrolabio appena caricata sul sito web del Museo ha deciso di contattarlo per avere informazioni, salvo appurare che nessuno sapeva cosa fosse e che, come se non bastasse, qualcuno riteneva che potesse trattarsi di un falso. “Ora è l’oggetto più importante della loro collezione”, ha spiegato.

Un astrolabio multilingua

“Quando ho visitato il Museo e ho studiato l’astrolabio da vicino, ho notato che non solo era coperto di iscrizioni arabe splendidamente incise, ma che potevo vedere deboli iscrizioni in ebraico. Potevo distinguerle solo nella luce radente che entrava da una finestra. Pensavo che forse stavo sognando, ma continuavo a vedere sempre di più. È stato molto emozionante”, ha affermato la Gigante, autrice dello studio pubblicato su Nuncius.

Per prima cosa la storica ha effettuato uno studio approfondito delle caratteristiche dello strumento in ottone, in modo tale da confrontarle con quelle di altri astrolabi già noti e appurarne così la provenienza. Il risultato è stato chiaro quasi fin da subito: lo stile dell’astrolabio di Verona, l’incisione sul retro e la calligrafia sono coerenti con altri astrolabi realizzati ad Al-Andalus, nella Spagna islamica dell’XI secolo.

“Questo non è solo un oggetto incredibilmente raro. È un’importante testimonianza dello scambio scientifico tra arabi, ebrei e cristiani nel corso di centinaia di anni – ha affermato la Gigante -. L’astrolabio di Verona ha subito molte modifiche, aggiunte e adattamenti man mano che passava di mano. Almeno tre utenti distinti hanno sentito il bisogno di aggiungere traduzioni e correzioni a questo oggetto, due utilizzando l’ebraico e uno utilizzando una lingua occidentale”.

Un unico oggetto racchiude in sé una ricca storia culturale. Le incisioni dimostrano come sia stato modificato nel corso dei secoli a seconda dell’epoca, del luogo in cui si trovava e della destinazione d’uso da parte del proprietario. Alcune delle iscrizioni in arabo, ad esempio, evidenziano che qualcuno lo abbia utilizzato come una sorta di calendario per le preghiere. Altre, invece, corrispondono a nomi propri di persona, come delle “firme” che ne attestassero il possesso.

E poi ci sono le iscrizioni ebraiche, che fanno riferimento ai nomi di costellazioni astrologiche, come se ancora un nuovo proprietario ne avesse fatto una sorta di traduzione. “Queste aggiunte e traduzioni ebraiche suggeriscono che a un certo punto l’oggetto lasciò la Spagna o il Nord Africa e circolò tra la comunità ebraica della diaspora in Italia, dove l’arabo non era compreso e si usava invece l’ebraico”, ha spiegato la storica di Cambridge.

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