È impossibile, ma l'hanno trovato davvero: scoperto un pianeta gigante che non dovrebbe esistere
Gli astronomi hanno rilevato un pianeta gigante in orbita attorno a una stella di massa ridottissima, aprendo nuovi interrogativi su come questi corpi possano nascere in ambienti tanto poveri di materia

È una di quelle scoperte che obbligano gli scienziati a rivedere i manuali: un pianeta gigante, grande quasi quanto Saturno, è stato individuato in un luogo dove nessuno si aspettava di trovarne uno. Precisamente, TOI-6894b (questo è il suo nome) si muove attorno a una stella rossa molto piccola e fredda, apparentemente incapace di dar vita a qualcosa di così grande.
Questo “abbinamento” va contro le teorie più solide sulla formazione planetaria e ha inevitabilmente fatto sorgere una domanda: com’è possibile che un pianeta così enorme si sia effettivamente sviluppato accanto a una stella che, peraltro, è grande solo un quinto del nostro Sole? La risposta per ora non c’è, ma chi ha condotto lo studio ha raccolto dati che potrebbero cambiare la nostra comprensione di come si formano i mondi fuori dal Sistema Solare.
La scoperta del pianeta gigante
Ma andiamo per ordine: tutto è cominciato con un’analisi sistematica dei dati del telescopio spaziale TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite), progettato per scovare nuovi pianeti osservando i piccoli cali di luce che avvengono quando un corpo celeste transita davanti alla sua stella. Tra decine di migliaia di stelle nane rosse, il ricercatore Edward Bryant ha notato un segnale inaspettato: un transito profondo, regolare, compatibile con un pianeta di grandi dimensioni.
La stella in questione, chiamata TOI-6894, era però troppo piccola per ospitare un oggetto del genere, almeno secondo quanto previsto dalla teoria classica della formazione planetaria. Dunque, come spiegato nello studio pubblicato su Nature, per confermare il segnale, il team ha utilizzato uno dei più potenti strumenti oggi disponibili: lo spettrografo Espresso installato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, in Cile. Le osservazioni hanno confermato che il transito era reale e causato proprio da un pianeta che, come accennavamo all’inizio, ha dimensioni leggermente superiori a quelle di Saturno ma con solo metà della sua massa.
Una condizione insolita
Andando ancor più nel dettaglio, TOI-6894b è un pianeta gigante con una massa di circa 53 volte quella della Terra e un raggio pari a quasi 86% di quello di Giove. Ma, come già detto, la vera stranezza non è la sua dimensione, quanto il fatto che orbiti attorno a una stella di appena 0,2 masse solari. Secondo la teoria più accreditata, quella dell’accrescimento del nucleo, un corpo del genere non dovrebbe nemmeno esistere.
Attorno a stelle così piccole, infatti, i dischi di gas e polveri (le “culle” in cui nascono stelle e pianeti) non avrebbero abbastanza materiale per far crescere un gigante. Eppure TOI-6894b non solo esiste, ma orbita a distanza ravvicinata, completando un giro ogni 3,37 giorni. Dunque? Gli autori dello studio ipotizzano due possibilità.
La prima è che il pianeta si sia formato attraverso un processo accrescitivo lento, senza mai raggiungere una massa sufficiente a innescare l’accumulo esplosivo di gas tipico dei giganti. La seconda è ancora più estrema: il pianeta potrebbe essersi formato direttamente dal collasso di una porzione instabile del disco protoplanetario, in un processo noto come instabilità gravitazionale. Entrambi gli scenari, però, sono in conflitto con i dati a disposizione e con ciò che era noto finora.
Le implicazioni e i prossimi studi
Alla luce di tutto ciò, l’esistenza di TOI-6894b costringe gli scienziati a rimettere mano alle teorie che spiegano la nascita dei pianeti giganti, perché dimostra che l’Universo è capace di molto più di quanto immaginiamo, e che anche i contesti apparentemente più poveri possono generare mondi complessi. È una scoperta che cambia la prospettiva sulla frequenza e la varietà dei pianeti nella nostra galassia.
Nei prossimi mesi, il James Webb Space Telescope osserverà il “nuovo” pianeta per analizzarne l’atmosfera e cercare tracce chimiche che possano suggerire come si sia formato. Questo corpo celeste, con le sue transizioni profonde e la bassa temperatura, è considerato uno dei candidati ideali per lo studio della chimica atmosferica dei giganti freddi. Se verranno rilevati metano o ammoniaca, sarà un passo avanti fondamentale non solo per capire TOI-6894b, ma anche per riscrivere il modo in cui pensiamo alla formazione planetaria al di fuori del Sistema Solare.