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SCIENZA

Pietrisco nei campi agricoli: forse c'è una soluzione contro il cambiamento climatico

Il basalto potrebbe aiutare a trattenere la CO2 prodotta dall'uomo, contribuendo a stabilizzare il clima per 100-1000 anni

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Pietro in aiuto del clima Fonte foto: 123RF

In che modo i sassi frantumati potrebbero essere la prossima soluzione per il clima? Spargerne su dei campi agricoli, infatti, potrebbe consentire di estrarre CO2 dall’aria in maniera decisamente economica. Il problema? Richiederebbe un livello di estrazione enorme.

Pietre in aiuto del clima

Questa ipotesi di contributo all’ambiente deriva da un’intuizione in merito al funzionamento naturale della Terra. Le eruzioni laviche sono responsabili del riversamento di enormi quantità di CO2 nell’atmosfera nel corso delle ere geologiche. Risultato? Il surriscaldamento del pianeta.

Nel corso di milioni di anni si è verificata poi la fuoriuscita del gas dell’atmosfera, attraverso la successiva erosione della roccia eruttata. Oggi guardiamo con estremo interesse ai basalti, molto efficaci nel catturare la CO2, essendo ricchi di magnesio e calcio. Questa lava solidificata oggi ricopre vaste aree dell’America, dell’Africa e dell’Asia. Un tassello che va a inserirsi in un quadro più ampio, che vede gli scienziati interrogarsi da tempo sulla possibilità di velocizzare la rimozione della CO2 attraverso l’erosione (accelerata) delle rocce.

Stando ai più comuni scenari climatici, se l’uomo intende limitare il surriscaldamento a 2 °C, occorrerà rimuovere dall’atmosfera da 5 a 10 gigatoni di CO2 all’anno, entro il 2050. Stando a uno studio di un team del biologo David Beerling, pubblicato nel 2018, se il basalto frantumato venisse sparso ogni anno su 700.000 km quadrati di terreni coltivati a mais e soia, nei solo Stati Uniti, potrebbe rimuovere da 0,2 a 1,1 gigatoni di CO2 dall’atmosfera.

Il piano entro il 2050

Nel 2020 Beerling e il suo team hanno pubblicato un’analisi più approfondita su Nature. Si stima che se si dovessero catturare due gigatoni di CO2 all’anno, in tutto il mondo, si coprirebbe l’80% soltanto con Cina, India, Stati Uniti e Brasile, pur considerando l’emissione di CO2 durante l’estrazione, la frantumazione e il trasporto.

È stata effettuata una sperimentazione in Illinois, che ha dato ottimi risultati. Sappiamo che i campi di mais e soia rilasciano tipicamente CO2 attraverso la respirazione delle radici e dei microbi del suolo. Trattati con il basalto, però, hanno rilasciato dal 23 al 42% in meno di CO2. Moltiplicando il tutto per gli Stati Uniti, si traduce in 260 milioni di tonnellate di CO2 potenzialmente evitate ogni anno.

Di fatto si intrappolerebbe l’anidride carbonica sotto forma di bicarbonato disciolto nell’acqua del suolo. Il tutto defluirebbe dai campi agricoli nei corsi d’acqua, che sfociano in mare. La CO2 verrebbe così immagazzinata nell’acqua dell’oceano come bicarbonato o minerali carbonatici solidi. Finirebbe il tutto sul fondale marino. Gli studi prevedono che il tutto possa essere immagazzinato in maniera affidabile per 100-1000 anni, contribuendo a ridurre l’acidificazione degli oceani, che è una diretta conseguenza del clima corrotto.

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