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SCIENZA

Un nuovo studio su Pompei riapre il dibattito sulla vera data dell'eruzione del Vesuvio

Un nuovo studio riapre la questione sulla data esatta in cui eruttò il Vesuvio nel 79 d.C. e porta la comunità a interrogarsi: su Pompei ci siamo sbagliati?

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Su Pompei ci siamo sbagliati Fonte foto: ANSA foto

Le notizie sulla mitica e tragica eruzione del Vesuvio risalente al 79 d.C. non smettono mai di ricorrersi, tanto da farlo sembrare un fatto sempre attuale.

Può essere, allora, che su Pompei ci siamo sbagliati? Ecco un riassunto delle ultime ipotesi sulla data della sua distruzione.

Quando è stata distrutta Pompei?

La distruzione di Pompei rappresenta uno degli eventi storici più importanti e studiati dell’antichità, ma la precisa data dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. continua a suscitare dibattiti tra gli studiosi. Tradizionalmente, si è ritenuto che la catastrofe sia avvenuta il 24 agosto, data indicata nei manoscritti delle lettere di Plinio il Giovane, testimone oculare dell’evento. Tuttavia, interpretazioni successive e analisi archeologiche hanno sollevato dubbi, portando alcuni a proporre date alternative come il 24 ottobre o addirittura il 1° novembre.

Un recente studio pubblicato sull’E-Journal con protagonisti proprio gli Scavi di Pompei riapre il dibattito, suggerendo che la data di agosto non può essere esclusa a priori, spingendo a una riflessione più ampia sul clima, le pratiche agricole e la trasmissione delle tradizioni nel mondo antico.

Secondo la ricerca, condotta attraverso un progetto di archeologia sperimentale, la durabilità delle iscrizioni è stata utilizzata per valutare la plausibilità delle date solitamente accettate. Le suddette scritte carbonizzate, ritrovate negli scavi, suggerirebbero che il periodo estivo sia compatibile con il mantenimento della loro leggibilità. Questo risultato, insieme a un’analisi aggiornata delle fonti letterarie e archeobotaniche, rafforza la tesi che il 24 agosto, tramandato nei manoscritti più antichi, potrebbe ancora essere considerato una data credibile.

Tuttavia, l’interpretazione della tradizione testuale presenta complicazioni. Alcuni manoscritti riportano varianti lessicali o lacune che hanno dato origine a malintesi, come l’attribuzione errata del termine “non” a “novembre” invece che al “nono giorno delle calende”, ovvero il 24 agosto. A complicare ulteriormente la questione, un’inesatta lettura dei manoscritti nel corso del tempo ha prodotto ipotesi alternative, prive però di un solido supporto documentale. Per esempio, la data del 24 ottobre, oggi diffusa in molte fonti online, è il risultato di un’interpretazione recente, risalente al XX secolo, che non trova alcuna conferma nei documenti originari.

Su Pompei ci siamo sbagliati davvero?

Oltre alle questioni legate alle fonti scritte, gli scavi archeologici hanno fornito elementi che potrebbero mettere in discussione la datazione tradizionale. Resti di frutta autunnale, come melagrane e noci, così come l’utilizzo di tessuti pesanti nei calchi di alcune vittime hanno portato alcuni studiosi a ipotizzare un periodo successivo all’estate per la fine di quella gloriosa civiltà.

Tuttavia, il nuovo studio invita a considerare con cautela queste prove: i cicli agricoli e le condizioni climatiche nel mondo antico non erano necessariamente stabili come si è spesso creduto. La variabilità meteorologica, anche se più lenta rispetto a quella odierna, potrebbe aver influenzato le coltivazioni e i modelli di consumo, rendendo meno determinanti tali indizi.

La questione della data dell’eruzione offre anche un’opportunità per riflettere su come il clima e l’agricoltura interagissero nell’antichità. Il bacino del Mediterraneo, considerato oggi un “hot spot” per lo studio dei cambiamenti climatici, rappresentava già allora un ecosistema complesso e fortemente influenzato dalle attività umane. La diversità delle pratiche agricole e delle tradizioni locali era molto più ampia di quanto le fonti letterarie antiche, spesso schematiche, lascino intendere. Pompei, con il suo straordinario stato di conservazione, offre una finestra unica per indagare queste dinamiche e comprendere come la biodiversità e l’adattamento umano si siano evoluti in risposta alle sfide ambientali del passato.

Nonostante le incertezze, il nuovo studio sottolinea l’importanza di mantenere aperto il dibattito. La data del 24 agosto potrebbe non essere definitiva, ma scartarla del tutto significherebbe sottovalutare la tradizione letteraria e la coerenza dei documenti più antichi. D’altra parte, gli elementi archeologici che suggeriscono un’altra stagione non devono essere ignorati, ma contestualizzati in un quadro più ampio che tenga conto delle variabili climatiche e culturali dell’epoca. Solo un tale approccio multidisciplinare permette di arricchire la nostra comprensione non solo dell’eruzione del Vesuvio, ma anche del rapporto tra uomo e ambiente in un periodo storico tanto cruciale.

Il vulcano continua dunque a sollevare domande e a offrire nuove prospettive, rendendo chiaro che la storia di Pompei è ben lontana dall’essere già stata completamente raccontata. Ogni nuova scoperta non è solo un tassello aggiunto alla conoscenza del passato, ma anche uno spunto per riflettere sul presente e sulle sfide future legate alla convivenza con un pianeta in continuo mutamento.

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