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SCIENZA

La Corrente del Golfo è sull'orlo del collasso: quali sono le conseguenze

Un simile crollo avrebbe un impatto disastroso sui sistemi meteorologici globali. Una nuova analisi sull’Atlantic Meridional Overturning Circulation ha rivelato che avrebbe subito “una perdita quasi completa di stabilità”.

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La Corrente del Golfo è sull'orlo del collasso: le conseguenze Fonte foto: 123rf

Uno dei più importanti sistemi di correnti oceaniche per la regolazione del clima dell’emisfero settentrionale potrebbe essere sull’orlo del collasso totale a causa dei cambiamenti climatici. La rivelazione arriva da una nuova analisi sull’Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC), che include la Corrente del Golfo ed è responsabile della moderazione di gran parte del clima mondiale, che avrebbe subito “una perdita quasi completa di stabilità nell’ultimo secolo”. Autore dello studio è Niklas Boers, ricercatore presso l’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto del clima in Germania.

Il collasso della Corrente del Golfo e le sue conseguenze

Le correnti funzionano come un nastro trasportatore che porta l’acqua calda e salata verso nord dai tropici e l’acqua fredda verso sud lungo il fondo del mare. Questo gigantesco “nastro” aveva già mostrato di essere nel suo punto più debole, ma ora potrebbe essere arrivato al collasso totale. Un simile crollo avrebbe un impatto disastroso sui sistemi meteorologici globali, portando all’innalzamento del livello del mare nell’Atlantico, a un maggiore raffreddamento e a tempeste più potenti in tutto l’emisfero settentrionale. Secondo l’ufficio meteorologico del Regno Unito porterebbe anche una grave interruzione della pioggia indispensabile per coltivare i raccolti in Africa, Sud America e India.

Per Niklas Boers, “i risultati supportano la valutazione secondo cui il declino dell’AMOC non è solo una fluttuazione o una risposta lineare all’aumento delle temperature, ma probabilmente significa che ci stiamo avvicinando a una soglia critica oltre la quale il sistema di circolazione potrebbe collassare”. I dati di analisi passate mostrano che l’AMOC può esistere in due stati stabili: uno stato più forte e più veloce su cui gli umani fanno affidamento attualmente e un altro che è molto più lento e più debole. Secondo Boers, l’esistenza dei due stati implica che “in linea di principio sono possibili brusche transizioni tra le due modalità di circolazione”.

Ciò significa che la corrente potrebbe indebolirsi fino a raggiungere un punto di svolta, passando dallo stato più forte a quello più debole che potrebbe trasformare rapidamente il clima in tutto l’emisfero settentrionale portandolo a diventare molto meno temperato di quanto sia oggi. Il nuovo studio sta tentando di comprendere se il recente indebolimento dell’AMOC significa che circolerà semplicemente un po’ più lentamente, ma in un modo che gli esseri umani possono controllarlo attraverso la riduzione delle emissioni di carbonio, o se sta per trasformarsi in una forma permanentemente più debole che non potrebbe essere invertita per centinaia di anni.

La densità dell’acqua dell’oceano dipende in gran parte dalla sua temperatura e salinità. Attualmente, la parte meridionale più salata della corrente diventa più fredda – e quindi più densa – man mano che si avvicina alla parte settentrionale. La densità aggiuntiva apportata dal sale consente all’acqua del sud di sprofondare al di sotto dell’acqua settentrionale meno salata, spingendola di conseguenza verso sud in un infinito convogliatore globale. Ora, le temperature più calde e il maggiore afflusso di acqua dolce causato dallo scioglimento dei ghiacciai hanno reso l’acqua più calda e meno salata e la corrente sta diventando sempre meno densa e meno capace di affondare. È proprio questa condizione che potrebbe minacciare di fermare l’intero flusso dell’AMOC e creare un cambiamento devastante e irreversibile nei sistemi climatici globali.

Riguardo ai cambiamenti climatici, i ricercatori dell’Anglia Ruskin University di Cambridge hanno invece analizzato quale posto ha il l maggior potenziale per resistere alla crisi causata dal surriscaldamento globale e hanno individuato nella Nuova Zelanda il miglior luogo per sopravvivere a un’apocalisse.

Stefania Bernardini

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