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SCIENZA

Scoperta una strana evoluzione genetica tra i cani e gatti dal muso corto

L'evoluzione genetica di cani e gatti dal muso corto prova che la loro morfologia è sempre più simile: si parla di evoluzione convergente. Ecco perché non è una buona notizia.

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Una recente ricerca ha portato alla scoperta di una strana evoluzione genetica tra i cani e i gatti dal muso corto, mostrando come la selezione umana abbia reso alcune razze incredibilmente simili tra loro, nonostante appartengano a specie diverse. Questa convergenza evolutiva, causata dall’allevamento selettivo, solleva interrogativi interessanti su come l’uomo stia plasmando la biologia dei suoi animali da compagnia.

L’evoluzione convergente che non ti aspetti

In natura, cani e gatti sembrano avere ben poco in comune, almeno a prima vista. Eppure, uno studio recente ha rivelato una scoperta sorprendente: alcune razze di queste due specie così diverse hanno finito per somigliarsi, e non per caso. Il fenomeno, noto come evoluzione convergente tra cani e gatti, è stato documentato da un team di biologi evoluzionisti che ha osservato una somiglianza morfologica inattesa tra razze a muso corto come Carlini, Pechinesi, Persiani e Burmesi.

A guidare questa scoperta è stato Jonathan Losos, biologo evoluzionista della Washington University di St. Louis, insieme alla collega Abby Grace Drake della Cornell University. I due studiosi hanno osservato che le forme del cranio in alcune razze domestiche si sono avvicinate così tanto da sovrapporsi, nonostante i cani e gatti domestici abbiano seguito traiettorie evolutive indipendenti per oltre 50 milioni di anni.

Allevamento selettivo e convergenza delle forme

Il punto centrale dello studio riguarda l’effetto della selezione artificiale negli animali domestici. Gli esseri umani, tramite decenni di allevamento selettivo, hanno inconsapevolmente forzato un’evoluzione morfologica in direzioni simili per entrambe le specie. La ricerca ha dimostrato che esistono crani di cane e gatto così simili che risultano più affini tra loro che rispetto ai rispettivi antenati selvatici, come il lupo o il gatto selvatico africano.

Gli allevatori, desiderosi di ottenere animali dall’aspetto tenero e infantile, hanno privilegiato caratteristiche come occhi grandi, musi schiacciati e teste tonde. Questo tipo di estetica, spesso definita “baby face”, ha portato alla nascita di razze brachicefale come il Carlino, il Pechinese, il gatto Persiano e il Burmese, con gravi conseguenze.

I problemi di salute nelle razze brachicefale

Nonostante l’aspetto amichevole e buffo di queste razze, il prezzo pagato dagli animali è spesso alto. Le razze a muso corto sono soggette a numerose patologie legate alla struttura del cranio: difficoltà respiratorie, problemi oculari e malformazioni dentali sono solo alcune delle condizioni croniche più diffuse.

I ricercatori hanno sottolineato con forza come l’allevamento estremo abbia spinto troppo oltre la modifica delle forme corporee naturali. Esistono già oggi campagne di sensibilizzazione e movimenti guidati da veterinari per limitare o vietare l’allevamento di razze brachicefale, promuovendo il benessere animale prima dell’estetica.

Evoluzione convergente anche all’interno della stessa specie

Per arrivare a queste conclusioni, il team ha analizzato oltre 1.800 crani appartenenti a razze diverse di cani e gatti. Grazie a tecnologie di scansione 3D, hanno potuto confrontare nel dettaglio la struttura ossea di animali domestici moderni e dei loro parenti selvatici. L’utilizzo combinato di dati museali e scansioni TC veterinarie ha permesso una visione precisa e mai raggiunta prima sulla diversità morfologica nel mondo animale.

Una delle scoperte più curiose riguarda la convergenza evolutiva interna. Gli studiosi hanno rilevato che il muso schiacciato si è evoluto più volte indipendentemente, sia nei cani che nei gatti. Ad esempio, nei cani, questo tratto è apparso separatamente nei bulldog inglesi e nei cani asiatici come il Carlino, mentre nei gatti si è sviluppato in razze non imparentate come il Persiano e il Burmese. Tale convergenza parallela dimostra quanto l’intervento umano abbia plasmato l’evoluzione a livello profondo, generando risultati che altrimenti non si sarebbero mai verificati in natura.

Un futuro più consapevole per cani e gatti

La scoperta dell’evoluzione convergente tra cani e gatti dal muso corto non rappresenta solo una curiosità scientifica, ma un campanello d’allarme. Mostra chiaramente quanto l’essere umano possa influenzare l’evoluzione delle specie, anche in tempi molto brevi. Non solo: ricorda quanto sia importante riflettere su certe scelte, soprattutto quando impattano sulla salute e sul benessere degli animali domestici. La speranza degli scienziati è che questi dati stimolino una maggiore responsabilità nell’allevamento e una consapevolezza più diffusa tra appassionati e proprietari di cani e gatti.