Tra i mari più inquinati dai rifiuti dell'uomo uno bagna l'Italia
Un mare di rifiuti nel Mediterraneo: ecco il risultato di un'analisi satellitare delle scie di rifiuti di plastica in acqua
Uno studio pubblicato su Nature Communications ha evidenziato un aspetto estremamente importante dell’uso dei satelliti Sentinel-2. Questi, che rientrano nel progetto europeo Copernicus, sono in grado di monitorare l’accumulo dei rifiuti galleggianti, frutto delle azioni umane. Ciò offre uno strumento davvero prezioso per la sorveglianza ambientale.
L’inquinamento del Mediterraneo
Il Mar Mediterraneo è oggi una vera e propria discarica. Forse il termine può risultare eccessivo ma le analisi satellitari lo delineano come un ricettacolo di rifiuti plastici. Una nuova prospettiva ci è stata garantita dai satelliti Sentinel-2 del progetto europeo Copernicus. Questi sono infatti in grado di monitorare accuratamente l’accumulo dei rifiuti galleggianti.
Le immagini proposte sono allarmanti ma soprattutto inequivocabili. Non esistono teorie e interpretazioni dinanzi a tutto ciò. Le coste italiane, soprattutto nell’alto Adriatico, sono tra le più colpite per quanto riguarda l’accumulo di rifiuti marini galleggianti.
Di questi, ben l’80% è rappresentato da plastica. I tanti rifiuti prodotti dall’uomo, gettati nell’ambiente delle varie città, vengono poi trascinati in mare dalle precipitazioni. Le correnti poi fanno il resto, disseminandoli in ogni dove.
Al centro di questa analisi dettagliata ci sono le lunghe scie di detriti che vengono a crearsi lungo le linee di convergenza delle correnti marine. Ecco il punto di riferimento principale dell’osservazione satellitare, che offre immagini chiare laddove a noi sfugge il quadro d’insieme. Pur non essendo stati progettati con questo scopo, i satelliti Sentinel-2 sono in grado di rilevare tali scie, il che offre una stima eccellente della concentrazione di spazzatura umana in determinate aree.
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Tutela del mare
Lo studio è basato sull’analisi di ben 300mila immagini satellitari del Mediterraneo. Il tutto finanziato dall’ESA Discovery. Sono stati effettuati nuovi scatti ogni tre giorni, per un totale di sei anni. Grazie alla tecnologia avanzata a disposizione, i ricercatori sono stati in grado di identificare migliaia di scie di rifiuti. Alcune di queste lunghe addirittura 20 km.
Riuscire a cercare aggregati di rifiuti grandi metri nell’ambito di una superficie oceanica, è davvero come cercare un ago in un pagliaio. L’automazione ha però reso questa impresa possibile. Ha consentito infatti la creazione di una mappa completa dell’inquinamento marino in quest’area. La migliore fino a oggi.
Ecco le parole di Andrés Cózar dell’Università di Cadice: “I rilevamenti dei rifiuti con un satellite non specializzato ci hanno consentito di identificare le aree più inquinate e i principali cambiamenti nel corso di settimane, mesi e anni. I rifiuti vengono riversati nel Mediterraneo mentre imperversano i temporali”.
Lo studio ha evidenziato come le scie di rifiuti siano principalmente connesse alle emissioni di spazzature terrestre nei giorni precedenti. Ciò rende più “facile” la sorveglianza e la gestione di questo annoso problema. Grazie ai dati satellitari è inoltre possibile guidare le operazioni di bonifica, valutando l’efficacia dei piani d’azione contro i rifiuti da noi prodotti.
Il futuro è chiaramente quello di procedere all’uso di tali strumentazioni in altre regioni del mondo. Al tempo stesso, però, c’è spazio per un chiaro miglioramento, a partire da un sensore specificamente dedicato al rilevamento della plastica oceanica. Ciò potrebbe davvero rivoluzionare la lotta all’inquinamento marino.