La FBI è riuscita a sbloccare un iPhone 11 Pro Max per la prima volta
La FBI è riuscita a sbloccare un iPhone 11 Pro Max di un imputato utilizzando un software chiamato GrayKey. Ecco quali sono le eventuali ripercussioni
È ormai guerra aperta tra l’FBI e Apple, con la prima che fa pressioni sulla seconda affinché collabori alle indagini sull’attentatore di Pensacola, in Florida, dove un presunto terrorista ha attaccato una base navale USA il 6 dicembre, causando tre morti e otto feriti prima di essere a sua volta ucciso.
La collaborazione richiesta ad Apple è semplice: sblocchi il cellulare del presunto attentatore, e quello di suo fratello (un iPhone 5 e un iPhone 7). Anche perché, se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto: secondo Forbes l’FBI sarebbe recentemente riuscita a sbloccare un cellulare di Apple, addirittura un iPhone 11 Pro Max, appartenente ad un’altra persona indagato per un altro reato. Lo sblocco sarebbe riuscito usando però un tool di hacking di terze parti chiamato “GrayKey“. La notizia non è confermata, ma si sa che l’avvocato dell’indagato ha confermato che il cellulare era bloccato con password e che il suo cliente si era rifiutato di fornire il proprio volto per sbloccare lo smartphone tramite Face ID.
Cosa è GrayKey
Se fosse vero quanto riportato da Forbes, si tratterebbe del primo sblocco riuscito di un iPhone senza la collaborazione di Apple. E si aprirebbe una vasta prateria per le numerose indagini antiterrorismo dell’FBI. Il software usato, GrayKey, è sviluppato dalla società Grayshift cofondata da un ex dipendente di Apple. Il tool costa 15.000 dollari per lo sblocco fino a 300 iPhone, ma ne esiste anche una versione da 30.000 dollari che può sbloccare un numero illimitato di dispositivi.
Cosa farà l’FBI?
Se l’FBI è riuscita a sbloccare con GrayKey un iPhone 11 Pro Max, allora non dovrebbe avere grossi problemi a farlo anche per i meno complessi iPhone 5 e iPhone 7 dei fratelli accusati dell’attentato di Pensacola. Tuttavia, al momento i federali preferiscono continuare a fare pressioni ufficiali su Apple affinché l’azienda si arrenda e collabori con le indagini. Pressioni al massimo livello, visto che persino il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato in una serie di tweet che gli USA hanno sempre aiutato Apple negli scambi commerciali e che ora l’azienda dovrebbe restituire il favore e aiutare le autorità a “rendere grande l’America di nuovo“. Apple risponde che ha collaborato con le autorità ma che si rifiuta di installare sui suoi smartphone una backdoor per violarli all’occorrenza: secondo la società di Cupertino si tratterebbe di un’arma pericolosissima che potrebbe cadere nelle mani sbagliate, mettendo a rischio la sicurezza e la privacy di tutti gli utenti iPhone.