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Le regioni in Italia più ricche di materie prime critiche: la mappa

Feldspato, fluorite e molto altro: le materie prime critiche in Italia abbondano, ricostruiamo una mappa che indica le regioni che ne sono più ricche

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Materie prime critiche Fonte foto: iStock

Tra le 76 miniere ancora attive in Italia, presso 22 di queste si estraggono minerali che fanno parte dell’elenco delle 34 materie prime critiche segnalate dall’Unione Europea.

Ecco una sorta di censimento per scoprire dove si trovano lungo la penisola e quali sono questi elementi.

Feldspato e fluorite

Sul territorio italiano, non tutte le miniere sono state dismesse, dando luogo a scenari di grande bellezza paesaggistica e turistica, come le cave di bauxite in Puglia. Alcune funzionano ancora e permettono l’estrazione di minerali fondamentali.

Le materie prime critiche realmente estratte in Italia sono essenzialmente due: il feldspato e la fluorite. Ad esempio, in almeno una ventina di giacimenti nostrani si estrae il feldspato, un minerale imprescindibile per l’industria della ceramica.

Nei comuni di Bracciano, nel Lazio, e di Silius, in Sardegna, invece è presente la fluorite, largamente impiegata nelle acciaierie, nell’industria dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e nel settore della refrigerazione.

Un focus particolare lo merita la miniera di fluorite di Genna Tres Montis, sempre sul territorio sardo: una volta terminati i lavori di ristrutturazione, sarà una delle più rilevanti d’Europa per questo elemento.

Altre miniere di fluorite, in parte da riqualificare, si trovano in Lombardia, tra Bergamo e Brescia, e in Trentino.

Materie prime critiche: altre tracce in Italia

Sebbene sulla nostra penisola, attualmente, siano estratti in larga parte solo feldspato e fluorite, alcune ricerche in corso, i dati sulle miniere attive in passato e nuovi elementi degni di attenzione, come quelli forniti dall’ISPRA, indicano che l’Italia è sempre stata ricca di minerali.

Tra questi, il litio è presente in alti quantitativi nei liquidi geotermici in Toscana, in particolare all’Isola d’Elba, nel Lazio e in Campania. Esistono depositi di rame, essenziale per le tecnologie di ultima generazione, nelle colline metallifere tra Liguria ed Emilia, sulle Alpi occidentali, in Trentino Alto-Adige, nell’area della Carnia e, ancora una volta, in Sardegna.

Tra la Liguria e la Toscana, inoltre, in passato si estraeva il manganese. La Calabria era celebre per la presenza di tungsteno, specialmente vicino Cosenza e Reggio.

Tracce di cobalto sono state scoperte in Sardegna e Piemonte: qui, il deposito di Punta Corna è di rilievo strategico internazionale.

Le bauxiti, oltre a segnare parte della Puglia, dove tuttavia non vengono più estratte, si trovano nella miniera di Olmedo, in Sardegna. Sebbene essa sia chiusa, è ancora in ottime condizioni e permetterebbe anche di sfruttare buoni quantitativi di cosiddette terre rare.

Le solfatare della Sicilia conterrebbero depositi di celestina, minerale principale dello stronzio, mentre tra le materie prime critiche non metallifere, in Lombardia e Trentino si trovano depositi di barite, fondamentale per le cartiere, per l’industria chimica e meccanica.

In Italia sono presenti anche altri minerali utili per la produzione di metalli adatti al modello di sviluppo decarbonizzato, cioè per la green tech.

Al netto di tutta questa potenziale abbondanza di materie prime critiche, che non vengono estratte, riprendere l’attività in miniera con nuove tecniche di esplorazione e lavorazione, potrebbe essere un modo per diventare un Paese meno dipendente dai mercati esteri e contenere i prezzi di mercato.

Anche i rifiuti estrattivi andrebbero convertiti, trasformandoli da grave danno inquinante per l’ambiente a potenziale risorsa da riutilizzare.

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