Hanno mappato l'Universo e hanno trovato qualcosa di insolito
È stata portata a termine l'indagine che ha condotto alla realizzazione della nuova mappa del nostro universo. E i risultati che gli scienziati hanno ottenuto sono più sorprendenti di quanto si potesse immaginare
È una notizia che gli appassionati di scienza e spazio stavano aspettando da diverso tempo: un team combinato di scienziati selezionati dalle migliori agenzie spaziali di tutto il mondo ha ufficialmente realizzato la nuova mappa della materia dell’Universo e il suo rilascio, avvenuto per mezzo della rivista scientifica Physical Review, sta avendo un effetto diametralmente opposto rispetto a quello “sperato”.
Già, perché invece di rassicurarci sui progressi fatti in campo astronomico, la nuova mappa sembra invece stravolgere ogni convinzione e confermare qualcosa che tutti, in fondo, sapevano già (scienziati compresi): il nostro Universo è ancora ricco di misteri inspiegabili e in qualche modo anche non del tutto coerenti con quanto scoperto. Non solo: in base al nuovo studio, infatti, la mappa dimostrerebbe che ci mancano anche delle competenze basilari e di fondo per poter avere una visione davvero completa sull’argomento.
Perché creare una nuova mappa?
Ma andiamo per ordine: perché gli scienziati hanno sentito il bisogno di creare una nuova mappa dell’Universo e come mai era così attesa? Lo scopo primario era quello di seguire il percorso della materia primordiale, ovvero la materia derivata dalla creazione e dalla rapida espansione del nostro Universo durante il Big Bang, circa 13,8 miliardi di anni fa. Questa materia, per lo più sotto forma di idrogeno ed elio, si è raffreddata e ha portato alla formazione delle prime stelle, che hanno poi sintetizzato elementi più pesanti.
Per gli scienziati comprendere e seguire il “cammino” della materia, che andava dall’interno verso l’esterno, è il modo migliore per riavvolgere il tempo e ricreare quella prima epoca, così misteriosa e complessa. Fare questo, però, richiede un’enorme quantità di dati astronomici e quelli esistenti andavano necessariamente aggiornati, avvalendosi di strumenti come James Webb, Hubble e altri telescopi all’avanguardia dislocati nei principali osservatori sulla Terra.
La nuova mappa dell’Universo e la sua rivelazione
Dunque, per creare la nuova mappa, il team di scienziati ha usato gli strumenti succitati ma non solo: ha anche raccolto tutti i dati del Dark Energy Survey (specializzato nella comprensione delle dinamiche di espansione dell’Universo), creando un metodo combinato in grado di minimizzare gli errori di rilevazione, di analizzare i dati nel dettaglio e di restituire una rappresentazione fedele e dettagliata della materia universale.
Ciò che ne è derivato sono state delle misurazioni precise della distribuzione della materia in tutto il cosmo, con una rivelazione che ha lasciato tutti di stucco: la materia primordiale non è così “grumosa”, ovvero raggruppata in aree specifiche, come il nostro modello cosmologico la rappresentava e come la comunità scientifica l’ha sempre immaginata. La sua distribuzione, al contrario, appare più uniforme e fluida, con meno fluttuazioni. E questo potrebbe indicare che manca qualcosa di importante proprio fra le basi di tutti gli studi sull’Universo.
Una nuova visione dell’Universo
Dunque, la nuova mappa potrebbe fornire agli scienziati una migliore comprensione di come si è evoluto l’universo, anche se questo significa ricominciare (quasi) da capo. Per dare i risultati per assodati, però, occorreranno nuovi studi: «Non dobbiamo dimenticare – ha detto Chihway Chang, astrofisico dell’Università di Chicago e co autore principale della ricerca – che tutto nel nostro campo deve funzionare sulla base di controlli incrociati. Abbiamo necessità di ulteriori misurazioni e confronti, anche se i dati che abbiamo ottenuto sembrano chiarissimi».
Nel mentre, la comunità scientifica appare divisa: nonostante la nuova mappa della materia dell’Universo, la maggior parte degli scienziati continuano a ribadire che le attuali teorie sull’evoluzione universale sono ancora valide, anche se la fetta che ne sottolinea le stranezze è sempre più nutrita. Non resta, dunque, che attendere nuovi studi e nuovi risvolti per saperne di più.