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Una nuova area apre ai visitatori di Pompei: si tratta di un luogo unico e sacro

Quattro calchi in gesso di enorme importanza storica in esposizione a Pompei: il parco archeologico vanta oggi un'area imperdibile

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Nuova esposizione a Pompei Fonte foto: foto pagina ufficiale Facebook Pompeii - Parco Archeologico

Il Parco archeologico di Pompei continua a riservare enormi sorprese ai suoi visitatori. Volgendo lo sguardo verso l’ingresso di Piazza Anfiteatro, si potrà attraversare il tratto dedicato alla passeggiata nel verde, restando nei pressi delle antiche tombe della necropoli di Porta Nocera. Da qui si può raggiungere un’area unica nel suo genere. Ciò che i social del Parco descrivono come “luogo pregno di sacralità e compassione”. Un’area espositiva “nuova”, che vanta alcuni calchi di vittime dell’eruzione. Questi sono stati rinvenuti proprio in prossimità dell’antica Porta di Nocera, per poi essere riposti nella stessa zona, nel rispetto della loro storia personale.

Processo di restauro

Il gruppo di calchi, annuncia il Parco archeologico di Pompei, è finalmente di nuovo fruibile per il pubblico. Ciò perché ha avuto fine la lunga operazione di manutenzione e restauro avviata. Si è trattato di interventi fondamentali per l’adeguamento e la valorizzazione di questa parte di percorso.

In quest’are è possibile cimentarsi ancor di più in un salto nel passato, contemplando ciò che in apparenza può sembrare soltanto un insieme di forme in gesso. Lo sguardo ci restituisce, invece, l’angoscia di nostri fratelli e sorelle di un tempo lontano, la cui agonia è immortalata per sempre.

Lo scrittore Luigi Settembrini li descrisse così, nell’800: “Sono morti da diciotto secoli, ma sono creature umane che si vedono nella loro agonia. Lì non è arte, non è imitazione; ma sono le loro ossa, le reliquie della loro carne e de’ loro panni mescolati col gesso: è il dolore della morte che riacquista corpo e figura”.

Il ritrovamento

Quest’area ha visto la luce nel 1952, quando vennero condotti degli scavi che l’allora direttore Amedeo Maiuri inserì nel più ampio progetto di liberare l’intera cinta muraria. Nell’autunno del 1956 vennero rinvenute quattro vittime, insieme con i resti di una struttura per muliones, ovvero mulattieri. Erano presenti nel settore nord-occidentale, nell’area tra le mura della città e la via delle tombe.

Come da prassi del Parco di Pompei, già al tempo, delle vittime vennero realizzati dei calchi, sfruttando la tecnica messa a punto dall’archeologo Giuseppe Fiorello, nell’800. Soltanto una vittima su quattro giace nella posizione originale di rinvenimento. Si tratta di un adulto, alto circa 1,80 m, posto in posizione prona, con le gambe divaricate. Sulla parte posteriore è coperto da una tunica.

Il suo calco fu lasciato nella posizione originaria direttamente sul lapillo. Altre due vittime vennero ritrovate poco lontane, tra la torre II della fortificazione e porta Nocera. Un adolescente, steso sul fianco sinistro, con le gambe piegate in avanti e tracce di tunica sulla schiena e l’addome, e suole di sandali. Un altro adulto, poi, riverso sul fianco destro, con gambe e braccia piegate, con tracce di tunica e della suola del sandalo sinistro.

A completare il novero, il calco di un ragazzo tra i 7 e i 19 anni, inizialmente ritenuto un anziano. Posto sul fianco destro, conservava l’impronta di un tessuto molto sottile sul mento. Ai piedi indossava, invece, sandali con i lacci. Nel calco ci sono tracce di una ciotola in legno, un bastone e una bisaccia. Si è ritenuto fosse un mendicante.