Abbiamo un problema con la classificazione degli uragani
Occorre modificare il sistema della classificazione degli uragani: c'è un rischio concreto per la salute dei cittadini
Riuscire ad allertare la popolazione in merito a un uragano in avvicinamento, nel modo corretto, è sempre più complesso. Il New York Times prende a esempio quanto avvenuto con l’uragano Helene, che ha raggiunto l’area occidentale della Carolina del Nord, provocando inondazioni devastanti, quando ormai ufficialmente non era più classificabile come un uragano. Esiste di fatto un problema urgente con la classificazione adoperata fino a oggi.
Il dramma delle inondazioni
Carl Schreck, ricercatore impegnato nello studio degli uragani presso la North Carolina State University, ha sottolineato come ci si stia rendendo conto, più che mai, di quanto letali possano essere le inondazioni nell’entroterra. Questi ha vissuto in prima persona gli effetti di Helene, vivendo vicino Asheville, nella Carolina del Nord.
Il pubblico comprende la forza di un uragano principalmente attraverso la scala Saffir-Simpson, suddivisa in cinque punti. A una determinata classe corrisponde una precisa categoria di pericolosità. Questa forma di suddivisione, però, tiene conto unicamente della velocità del vento. Non si analizzano, dunque, tutti gli altri punti in merito ai quali gli uragani possono essere valutati. Di fatto si ignorano tutti gli altri rischi, potenzialmente letali. Si pensi alle mareggiate, alle inondazioni e ai tornado.
Il caso dell’uragano Helene è esemplificativo, considerando la devastazione provocata, a fronte di una classificazione che indicava il tutto, ormai, come un non uragano. Gli altri pericoli possono essere molto più letali del vento. Le statistiche lo dimostrano chiaramente. Su 455 morti provocate direttamente dagli uragani, nell’arco di tempo compreso tra il 2013 e il 2023, infatti, il 12% è frutto del vento e l’11% delle mareggiate. Ben il 55%, però, è stato provocato da inondazioni legate alle fortissime piogge. Si parla dunque di 252 decessi, stando a quanto riportato dal National Hurricane Center.
Un sistema da cambiare
Il cambiamento climatico sta surriscaldando numerosi sistemi in giro per il mondo. Guardando agli Stati Uniti, si prevedono tempeste sempre più umide e potenti, con movimenti più lenti. Ciò aumenterà le probabilità di penetrare nell’entroterra, il che si traduce in devastanti inondazioni.
Non esiste però una scala numerica sfruttata su ampia scala e di semplice interpretazione per comunicare questo particolare potenziale di un uragano. Occorre dunque equiparare il sistema a quello pensato per la velocità del vento.
Alcuni scienziati hanno sviluppato delle nuove metriche per tentare di evidenziare il rischio di forti piogge durante un uragano. Una di queste è frutto del lavoro di Schreck, che ha spiegato come il National Hurricane Center non voglia confondere il pubblico con diverse scale di valutazione.
Gli esperti sperano però di poter comunque sensibilizzare le persone in merito a tale rischio, al di là della classificazione per categoria: “Dobbiamo ripensare al modo in cui nominiamo, parliamo e classifichiamo queste cose. Troppe persone stanno morendo”.
Vincolarsi alla categoria è un profondo limite, come dimostrato dall’uragano Florence, ad esempio. È stato uno dei più piovosi e distruttivi che abbiano mai colpito la Carolina del Nord. Stando alla scala, però, ha raggiunto il territorio con categoria 1.