Perché è un problema se dalle Alpi agli Appennini nevica sempre meno
C'è un problema con la neve in Italia, dalle Alpi agli Appennini ne cade sempre di meno a causa del riscaldamento globale. Le conseguenze, impensate, possono essere gravi

Le montagne italiane hanno un grave problema con la neve, stanno cambiando volto a causa della crisi climatica e con esse anche il fragile equilibrio degli ecosistemi alpini e appenninici. Il calo delle nevicate è una sfida ambientale con ripercussioni profonde su biodiversità, risorse idriche ed economia locale.
C’è un grave problema con la neve in Italia
Negli ultimi decenni, i dati scientifici confermano una progressiva riduzione dell’innevamento su tutto l’arco alpino e appenninico. Secondo le rilevazioni della Fondazione CIMA, al 13 febbraio 2025 il deficit di neve nelle Alpi, nella fascia tra i 1.000 e i 2.000 metri, ha raggiunto il 71%, mentre sugli Appennini il valore è ancora più drammatico, arrivando al 94%. Anche a quote più elevate il calo è significativo, con riduzioni del 43% sulle Alpi tra i 2.000 e i 3.000 metri e del 78% sugli Appennini.
La principale causa di questo fenomeno è l’aumento delle temperature invernali, che favorisce precipitazioni piovose invece che nevose. Il fenomeno è accentuato dalla variazione delle correnti atmosferiche e dalla diminuzione delle ondate di freddo persistenti, elementi che in passato garantivano accumuli nevosi consistenti e duraturi.
Impatti ambientali e idrici
La riduzione dell’innevamento stagionale ha conseguenze che vanno ben oltre il turismo. Il manto nevoso svolge un ruolo cruciale nella regolazione delle risorse idriche: la neve accumulata durante l’inverno si scioglie gradualmente in primavera e in estate, rifornendo fiumi, laghi e falde acquifere.
Un minor apporto di acqua da scioglimento nevoso porta a siccità più frequenti e a una ridotta disponibilità idrica per l’agricoltura e l’uso civile, con effetti a catena anche sulla produzione di energia idroelettrica.
Inoltre, la copertura nevosa protegge il suolo dall’erosione e limita la dispersione del calore terrestre, contribuendo al mantenimento degli equilibri climatici locali. La sua scomparsa anticipata favorisce, invece, fenomeni di dissesto idrogeologico, con un incremento del rischio di frane e valanghe.
Il turismo invernale e la sfida dell’innevamento artificiale
Il settore sciistico, da sempre pilastro economico delle regioni montane, sta subendo un impatto devastante. Negli ultimi cinque anni, il numero d’impianti sciistici dismessi in Italia è raddoppiato, arrivando a 265, con Piemonte, Lombardia, Abruzzo e Veneto tra le regioni più colpite. Di fronte a inverni sempre più miti, l’unica soluzione praticabile per molte località è il ricorso alla neve artificiale, una pratica economicamente impegnativa e gravosa dal punto di vista ambientale.
Attualmente, l’Italia conta 165 bacini di accumulo per la produzione di neve artificiale, per una superficie totale di quasi due milioni di metri quadrati. Il Trentino-Alto Adige, con 60 bacini, è la regione con la maggiore infrastruttura di innevamento artificiale, seguita da Lombardia e Piemonte. Tuttavia, questa soluzione presenta limiti evidenti: il consumo energetico è elevato, richiede grandi quantità d’acqua e incide ulteriormente sull’alterazione degli ecosistemi naturali.
Oltre ai costi ambientali, anche quelli economici stanno diventando insostenibili. Il solo Friuli-Venezia Giulia spende oltre cinque milioni di euro a stagione per innevare i suoi 125 chilometri di piste, mentre il Piemonte ha superato i dieci milioni di euro in quattro anni. Di conseguenza, anche il turismo diventa più esclusivo e costoso.
Un futuro incerto per le montagne
Se le previsioni climatiche dovessero confermarsi, entro pochi decenni molte località sciistiche di media quota potrebbero non essere più praticabili. Il futuro della montagna italiana dipenderà dalla capacità di adattarsi al cambiamento climatico, diversificando le offerte turistiche e investendo su modelli di sviluppo sostenibili.
Le alternative esistono: il turismo dolce, basato su escursionismo, sport outdoor e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, potrebbe rappresentare una nuova opportunità di crescita per i territori montani.
Parallelamente, diventa fondamentale una gestione più attenta delle risorse idriche e una riduzione delle emissioni di gas serra per mitigare ulteriormente l’impatto del riscaldamento globale. La sfida è difficile, ma la montagna non può più aspettare: il cambiamento climatico è già in atto e il tempo per agire si sta rapidamente esaurendo.