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Trovati resti umani in un antico relitto, la scoperta fa luce su una storia terribile

Trovati resti umani in un antico relitto nell'Artico: attraverso l'analisi del DNA è stato possibile ricostruire una storia terribile di cannibalismo per la sopravvivenza

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Resti umani in un relitto Fonte foto: 123RF

Trovati resti umani in un antico relitto: la tragica storia del Capitano cannibalizzato identificato tramite le analisi del DNA.

Ecco tutto quello che sappiamo su una recente, macabra, scoperta che, però, fa luce su una storia da conoscere.

I resti umani trovati in un’antica nave

Un recente studio ha portato alla luce una scoperta straordinaria, aggiungendo un nuovo capitolo alla storia della tragica spedizione artica del 1845, guidata da Sir John Franklin. I resti umani di uno dei protagonisti di quell’avventura, il capitano James Fitzjames, sono stati identificati grazie a un’analisi del DNA, rivelando che il marinaio fu vittima di cannibalismo.

Questo ritrovamento offre nuove informazioni su uno degli eventi più misteriosi e drammatici dell’esplorazione artica. Nel 1845, due navi della Royal Navy britannica, l’HMS Erebus e l’HMS Terror, salparono dall’Inghilterra con 129 uomini a bordo, diretti verso il Passaggio a Nord-Ovest. La missione aveva l’obiettivo di trovare una rotta che collegasse l’Atlantico al Pacifico attraverso le gelide acque del Polo Nord e dell’Artico canadese. Tuttavia, la spedizione incontrò presto gravi difficoltà.

Entrambe le navi rimasero intrappolate nei ghiacci, nei pressi dell’isola di Re Guglielmo, in una regione remota e inospitale. Senza possibilità di liberarsi, la ciurma si trovò isolata in condizioni estreme, condannata a un destino tragico.

Il capitano Fitzjames, che aveva assunto il comando dell’HMS Erebus dopo la morte di Franklin, fu uno dei tanti uomini a soccombere durante l’agonia, che durò tre lunghi anni. I membri dell’equipaggio perirono a poco a poco, alcuni per malattie, altri per fame e freddo, fino a quando l’intera spedizione fu annientata. Per decenni, questa tragedia ha alimentato leggende e speculazioni, con numerosi tentativi di ritrovare i resti degli sfortunati marinai.

Solo recentemente, grazie all’uso della tecnologia moderna, è stato possibile identificare con certezza alcuni dei corpi ritrovati. In uno studio pubblicato il 24 settembre 2023 sulla rivista Journal of Archaeological Science: Reports, un gruppo di ricercatori canadesi ha annunciato di aver identificato i resti di James Fitzjames.

Utilizzando il DNA estratto da un dente incastrato in una mandibola, trovata tra un cumulo di circa 400 ossa umane, i ricercatori sono riusciti a confrontare il profilo genetico con quello di un discendente ancora in vita, cioè un cugino di quinto grado. La prova ha rivelato che uno dei resti apparteneva proprio al capitano.

Tale scoperta non solo fornisce un’identità a uno dei membri della spedizione, ma conferma anche che Fitzjames fu vittima di cannibalismo, un elemento che getta luce sulle disperate condizioni vissute dagli uomini di Franklin.

Il cannibalismo tra i ghiacci

L’orribile pratica del cannibalismo tra i membri della spedizione era già stata ipotizzata in passato. Testimonianze degli Inuit e segni di mutilazione sui resti umani scoperti negli anni avevano lasciato pochi dubbi sul fatto che alcuni dei superstiti avessero consumato i corpi dei loro compagni nella speranza di sopravvivere.

L’analisi delle ossa ha rivelato segni inequivocabili di tagli: ciò vuol dire che i corpi erano stati smembrati e probabilmente utilizzati come fonte di cibo. La scoperta che Fitzjames sia stato una delle vittime di cannibalismo conferma ulteriormente le terribili condizioni in cui si trovava l’equipaggio. In precedenza, un’altra analisi aveva identificato segni simili su altri resti, ma quelli su Fitzjames sono i primi a essere ufficialmente riconosciuti.

Parte della storia della spedizione Franklin è stata tramandata proprio grazie a una nota lasciata dallo stesso Fitzjames in un tumulo di pietre a Victory Point, sull’isola di Re Guglielmo. In quel documento, egli registrò la morte di Sir John Franklin e di altri membri dell’equipaggio, oltre alla decisione dei sopravvissuti di abbandonare le navi e tentare di raggiungere a piedi il fiume Back, nel Nunavut. Tuttavia, nessuno degli uomini riuscì a sopravvivere al viaggio, e le loro ossa furono ritrovate anni dopo da spedizioni di ricerca guidate dagli Inuit.

La storia di Fitzjames e della tragica spedizione è stata recentemente rievocata anche in una serie televisiva, The Terror, che ha drammatizzato le vicende dell’equipaggio intrappolato nei ghiacci artici.

Il rinvenimento e le analisi sui resti del capitano James Fitzjames aggiungono un nuovo tassello alla comprensione della spedizione Franklin e del tremendo destino vissuto dai suoi membri. Inoltre, l’identificazione di Fitzjames come vittima di cannibalismo rappresenta un’ulteriore prova delle difficoltà estreme affrontate dall’equipaggio, costretto a compiere gesti disperati per cercare di sopravvivere. Grazie alla ricerca e alle tecnologie moderne, come l’analisi del DNA, oggi è possibile svelare i segreti di eventi storici avvolti nel mistero da secoli.

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