Aumenta il rischio di tsunami nel Mediterraneo, nei prossimi 50 anni fino al 30%
Gli tsunami potrebbero diventare un fenomeno sempre più frequente nel Mediterraneo: cosa sappiamo sull'ultimo studio coordinato dall'INGV.
C’è una stretta connessione tra riscaldamento globale e aumento della pericolosità di tsunami nel Mediterraneo. A evidenziarlo è un nuovo studio coordinato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), che sottolinea “l’importanza della pianificazione e la gestione dei rischi legati ai maremoti” nelle coste dove, secondo le previsioni, fenomeni di questo tipo potrebbero salire fino al 30% nei prossimi 50 anni.
Il nuovo studio
Lo studio dal titolo Including sea-levelrise and vertical land movements in probabilistic tsunami hazard assessment for the Mediterranean Sea è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports ed è supportato da un’altra ricerca, Probabilistic Tsunami Hazard and Risk Analysis, ultimo volume edito da Elsevier. I risultati sono il frutto della collaborazione di due progetti, Savemedcoasts2 e TSUMAPS-NEAM, coordinati dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Entrambi i progetti, finanziati dall’Unione Europea, lavorano al fine di comprendere i rischi legati ai maremoti in un’area altamente “sensibile” e vulnerabile come quella del Mediterraneo, appunto.
Gli studi hanno analizzato le proiezioni fornite dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) sull’innalzamento del livello del mare, che in questo momento viaggia a una velocità di circa 4 mm all’anno. Un ritmo che è destinato ad aumentare a causa del riscaldamento globale, in combinazione coi movimenti geologici che interessano le coste.
“Alla fine di questo secolo, il livello medio globale del mare potrebbe salire fino a circa 1,1 metri rispetto a oggi. Questo rappresenta potenzialmente un rischio crescente per le popolazioni costiere del Mediterraneo che non possiamo sottovalutare”, ha affermato Marco Anzidei, ricercatore dell’INGV, coautore dello studio e coordinatore del progetto Savemedcoasts2.
Aumenta il rischio tsunami nel Mediterraneo
“Nello studio abbiamo considerato come i movimenti geologici possano sommarsi all’innalzamento marino, aggravando il rischio nelle zone dove il suolo tende ad abbassarsi”, ha aggiunto Anita Grezio, ricercatrice dell’INGV e prima autrice dello studio. Grezio si riferisce a una delle novità di questa ultima ricerca, che ha integrato le “analisi sui movimenti verticali delle coste, come la subsidenza, che amplificano gli effetti locali dell’innalzamento del livello del mare“.
I risultati parlano chiaro. Le mappe prodotte dai team di ricerca in base alle proiezioni e alle analisi di cui sopra, mostrano che nei prossimi 50 anni il rischio di tsunami nelle coste del Mediterraneo con significative inondazioni di almeno 1-2 metri potrebbe aumentare dal 10% al 30%. Anzidei ha sottolineato: “Questo significa un significativo incremento del rischio, in particolare per le coste più basse del Mediterraneo, una delle aree più popolate al mondo”. Ricordiamo che lo tsunami è l’insieme di onde provocato dallo spostamento improvviso di grandi masse di rocce o sedimenti che, come spiega INGV, è a sua volta causato da diversi fenomeni come terremoti, frane sottomarine o eruzioni vulcaniche.
Ecco perché i ricercatori hanno ribadito l’importanza della pianificazione per la gestione dei rischi nelle aree costiere mediterranee, in un’ottica di salvaguardia ambientale, ma soprattutto della popolazione: “La nostra ricerca fornisce nuovi strumenti per valutare il pericolo tsunami, integrando scenari futuri che tengono conto sia dei cambiamenti climatici che dei fenomeni geologici”, ha concluso Grezio.