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SCIENZA

Scoperta una "superautostrada" del corallo nell'Oceano Indiano

Uno studio ha rilevato una superstrada del corallo nell'Oceano Indiano, che dimostra la stretta correlazione fra formazioni anche lontanissime tra loro

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Hanno scoperto la superstrada dei coralli Fonte foto: iStock

Molti di noi sanno che le barriere coralline sono, da tanto tempo, considerate a rischio. L’attenzione su queste strutture organiche particolari è altissima perché si tratta di combinazioni delicatissime di rocce sottomarine biogeniche, create, costituite e accresciute dalla sedimentazione degli scheletri calcarei dei coralli, degli animali polipoidi.

Proprio per via dell’altissima attenzione e dei gravi rischi che le barriere coralline continuano a correre, moltissimi scienziati si cimentano in studi finalizzati a comprendere, tra le altre cose, come si comportano le colonie di corallo e come gli scheletri che si depositano interagiscano tra loro. Proprio uno di questi studi ha rivelato qualcosa di sorprendente: esiste una superstrada del corallo nell’Oceano Indiano, che dimostra la stretta correlazione fra formazioni anche distantissime tra loro.

Coralli e barriere correlate: la scoperta

A fare l’importante scoperta è stato un team di studiosi dell’Università di Oxfort, capeggiato dalla dottoressa April Burt, ricercatrice ambientale. La Burt, oltre a collaborare attivamente con il  dipartimento di biologia dell’università inglese, fa parte della Seychelles Islands Foundation ed è stata proprio questa collaborazione a spingerla verso un’analisi più specifica dei coralli e delle barrire coralline.

Partendo dal triste assunto che lo sbiancamento dei coralli rappresenta la minaccia più grave alla persistenza degli ecosistemi tropicali,  la Burt e il suo team hanno raccolto e sequenziato un totale di 252 campioni dall’arcipelago delle Seychelles, con un preciso obiettivo: capire in che misura le formazioni coralline esportano larve verso altre formazioni analoghe. Il risultato, pubblicato su Scientific Reports, è stato sorprendente: infatti, nonostante siano sparse su più di un milione di chilometri quadrati,  tutte le barriere coralline delle Seychelles sono strettamente correlate.

Dispersione delle larve e la superstrada oceanica

Si tratta della prima volta in assoluto che un team di scienziati dimostra una connessione così profonda fra coralli a distanze così ampie. Utilizzando analisi genetiche e modelli oceanografici, i ricercatori dell’Università di Oxford hanno realizzato dei modelli accuratissimi, che dimostrano come le correnti oceaniche disperdano un numero significativo di larve di corallo, creando una vera e propria superstrada dei coralli.

I flussi oceanici e i loro movimenti contribuiscono a trasferire le larve lungo uno o più percorsi: i modelli hanno infatti dimostrato che il loro viaggio può essere lunghissimo e può anche diramarsi e articolarsi, collegando alle barriere coralline principali anche le formazioni che sono state ritrovate e scoperte negli atolli più lontani e remoti. I ricercatori hanno anche voluto sottolineare che questa scoperta è fondamentale perché l’identificazione e la tutela delle principali fonti di larve potrebbe portare a ripristinare lo stato di salute di tutte le barriere coralline delle Seychelles.

L’importanza della superstrada del corallo

«Sebbene i coralli siano diminuiti in modo allarmante in tutto il mondo a causa del cambiamento climatico – afferma la dottoressa Burt – identificando le riserve di larve e comprendendo come le correnti le trasportino diventa possibile intraprendere azioni su scala locale e nazionale per migliorare la salute e la resilienza delle barriere coralline. Azioni che possono persino divenire più efficaci se, indagando ulteriormente, riusciremo a comprendere meglio la connettività tra le barriere coralline».

Finora, secondo la comunità scientifica, l’unico modo per tutelare i coralli consiste nel ridurre le emissioni di gas serra. Fermo restando che questo provvedimento non può essere opzionale e che è anzi fondamentale per il benessere globale, la scoperta del team di Oxford ci permette di avere un’ulteriore arma per tutelare tutti quegli ecosistemi che, purtroppo, continuano a essere a rischio.

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