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SCIENZA

Suoni nello spazio, che rumori emettono i pianeti

Da Pitagora alle onde radio: la "musica" dell'Universo esiste davvero, finalmente possiamo ascoltare la voce di pianeti, stelle e buchi neri

I rumori dei pianeti Fonte foto: 123RF - forplayday

Il cosmo è buio, ma né il vuoto né il silenzio appartengono al carattere del nostro Universo. Le collisioni tra corpi celesti, le magnetosfere, i movimenti dei pianeti e persino le comete emettono dei suoni. Non possiamo sentirli, ma ci sono. E da qualche anno abbiamo finalmente a disposizione gli strumenti che ci permettono di ascoltare la sinfonia del cosmo.

L’antica idea di una musica cosmica

Pitagora, nel VI sec. a.C., credeva che il Sole, la Luna e i pianeti del Sistema Solare producessero, nel loro movimento, un’armonia capace di influenzare la vita degli uomini sulla Terra, ma inascoltabile da orecchio umano. Il filosofo e matematico greco chiamava l’armonia cosmica musica delle sfere, e non fu l’unico a credere che l’Universo avesse una voce.

Anche Keplero, lo scienziato contemporaneo di Galilei che scoprì le leggi che regolano il movimento dei pianeti, si occupò del suono del cosmo: nel libro Harmonices Mundi, Keplero rappresenta i pianeti del Sistema Solare (allora conosciuti) come un coro polifonico, in cui Mercurio emette il suono più acuto, e Saturno, più lontano dal Sole, il più basso.

Fortemente contrastata già dal filosofo Spinoza nel Seicento, l’idea che l’Universo potesse produrre un’armonia di qualche tipo è stata ripresa nel Novecento dalla scuola antroposofica di Steiner per essere poi – con le dovute differenze – dimostrata dalla scienza.

Se fino a qualche anno fa si credeva infatti che i suoni dell’Universo non fossero ascoltabili perché le onde sonore non possono propagarsi nel vuoto, oggi sappiamo che il cosmo non è affatto vuoto e che nello spazio si diffondono diversi tipi di onde.

Possiamo attualmente misurare le onde radio, le onde elettromagnetiche, persino le onde gravitazionali che si propagano nel cosmo; abbiamo misurato e tradotto in suono la radiazione cosmica di fondo, che è la cosa più vicina al suono del Big Bang, e ascoltato per la prima volta la voce di pianeti, aurore, buchi neri e stelle – anche il Sole.

Come suona l’Universo

I primi a registrare il suono di un pianeta furono, nel 1982, i sovietici: la missione Venera 13 registrò allora il rumore dei venti che soffiano su Venere. Toccò poi al lander Huygens dell’ESA, che nel 2005 portò con sé un microfono nel tragitto verso l’atmosfera della luna di Saturno, Titano.

Appena un anno prima fu lanciata Rosetta, una delle missioni più affascinanti in materia di “astronomia acustica”, come la chiama la dottoressa Fiorella Terenzi della Florida International University – che dal 1987 si occupa di registrare onde radio dalla Terra per ricostruire il suono del cosmo.

Rosetta è stata una missione dell’ESA diretta verso la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko: la registrazione del suono della poi ribattezzata “cometa cantante” è stata effettuata nel 2014, ed era basata sulle oscillazioni a bassa frequenza del campo magnetico della cometa – scalato poi di un fattore di 10.000 per essere reso udibile. Se non riusciamo ad ascoltare la sinfonia dell’Universo, infatti, non è affatto perché lo spazio è vuoto, ma perché i suoni emessi dai corpi celesti si svolgono su frequenze troppo basse per essere udite da orecchio umano.

Ma che rumori emettono i pianeti? Basta una “traduzione” e possiamo ascoltare il suono pulsante futuristico di un buco nero,  la “marcia” di una pulsar, i morbidi accordi della rotazione di Saturno. Voyager, Cassini, Chandra, Juno sono soltanto alcune delle missioni della NASA capaci di registrare e convertire i rumori dell’Universo: il suono profondo di galassie lontane, la voce degli anelli di Saturno, il ronzio dei buchi neri e il tintinnio metallico della magnetosfera di Giove sono alcuni dei risultati di queste missioni. Siamo finalmente in grado di ascoltare “l’armonia” delle stelle.