Tempeste solari sulla Terra: la scoperta della NASA cambia tutto
La NASA, e in particolare la MMS, ha approfondito una teoria che potrebbe spiegare meglio la riconnessione magnetica e le tempeste solari
C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole: non si può non scomodare Giovanni Pascoli dopo quanto annunciato dalla NASA in queste ultime ore, visto che gli scienziati sembrano finalmente aver capito come si verifica la tipologia più esplosiva della cosiddetta “riconnessione magnetica” (nota anche come “rapida”). La novità ha a che fare con le tempeste solari sulla Terra e le loro conseguenze.
Grazie a una stella vicina possiamo capire da qualche tempo cosa provoca i periodi di bassa attività del nostro Sole, mentre invece questo processo esplosivo sta attanagliando gli esperti da circa mezzo secolo. Vale la pena ricordare che un semplice bagliore sul Sole può rilasciare un quantitativo di energia sufficiente ad alimentare il mondo intero per ben 20mila anni.
Più che una semplice curiosità scientifica, il funzionamento di queste tempeste solari può permettere di approfondire nel modo giusto la fusione nucleare e soprattutto come viene influenzata la tecnologia in orbita attorno al nostro pianeta. Le ultime scoperte sono state fatte dagli scienziati della Magnetospheric Multiscale Mission che è parte integrante della NASA. La loro teoria si basa su un effetto magnetico molto comune che viene usato nei tipici dispositivi domestici. L’esempio perfetto in questo senso è quello dei sensori che riescono a capire quando la cover dello smartphone è chiusa. Perché la velocità della riconnessione magnetica è così costante e soprattutto potente?
Sensibilità ai campi magnetici
Le parole usate da Yi-Hsin Liu, professore di fisica al Dartmouth College nel New Hampshire e vice capo del team di teoria e modellizzazione dell’MMS, non lasciano spazio ad alcun dubbio. C’è una teoria completa per andare a fondo delle tempeste solari: normalmente la riconnessione a cui si sta facendo riferimento si verifica nel plasma, il quale rilascia moltissimi elettroni caricati negativamente e ioni caricati positivamente. Si tratta di materiale pieno di energia e soprattutto fluido, oltre che altamente sensibile ai campi magnetici. Tra l’altro, la riconnessione magnetica va a influenzare non solo la tempesta solare sulla Terra, ma anche i buchi neri e i plasmi dell’intero universo.
Effetto Hall
La ricerca nuova di zecca è stata pubblicata nella rivista specializzata “Nature’s Communications Physics”. La riconnessione rapida che ha a che fare con le tempeste solari si verifica nei plasmi senza collisioni, con particelle distribuite in modo da evitare che si scontrino appunto tra di loro. L’accelerazione, inoltre, viene favorita da quello che è noto come effetto Hall, utile per descrivere l’interazione tra i campi magnetici e le correnti di elettricità. Questo fenomeno viene impiegato di frequente nella tecnologia più comune, come quella delle ruote delle vetture e persino nelle stampanti 3D.
La riconnessione magnetica è caratterizzata da queste particelle cariche che improvvisamente smettono di muoversi come gruppo: nel momento in cui gli ioni e gli elettroni si muovono in maniera separata, c’è spazio per l’effetto Hall che crea un vuoto di energia instabile, alla base appunto della riconnessione. La pressione dei campi magnetici agevola l’implosione del vuoto e il rilascio di energia (in quantità molto ampie) avviene a una velocità che viene giudicata prevedibile. Ci sono ancora degli approfondimenti da condurre sulle tempeste solari, in particolare alla luce delle ultime immagini mozzafiato pubblicate, ma si è di sicuro sulla buona strada.