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SCIENZA

Stiamo andando incontro ai "punti di ribaltamento" della Terra: cosa vuol dire e cosa rischiamo

Un nuovo rapporto delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico offre speranza. I punti di ribaltamento e rottura della Terra non sono stati raggiunti, ma ecco cosa occorre fare

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Il cambiamento climatico che abbiamo provocato, con risultati sempre peggiori dalla Rivoluzione industriale a oggi, sta portando le temperature a raggiungere livelli allarmanti a dir poco. Si registra un netto aumento nei processi di estinzione e le acque sotterranee vanno esaurendosi. Il genere umano può ribaltare tutto ciò? La risposta è sì, pur senza ritrovare esattamente la Terra di un tempo. Occorre però una netta azione collettiva a livello globale che, al di là delle promesse dei governi, stenta ancora ad arrivare.

Punti di ribaltamento

Un rapporto dell’Università delle Nazioni Unite lancia un gravoso allarme. Gli scienziati avvertono come non ci sarà ritorno da quelli che vengono descritti come “punti di ribaltamento”, o rottura, che paiono sempre più vicini. Estinzioni, prosciugamento delle risorse idriche, temperature elevate e accumulo di materiali di origine umana nei sistemi naturali. Dinanzi a tutto ciò esiste una sola risposta: cambiamento radicale della società umana.

In nessun modo i governi mondiali potranno ignorare un rapporto di tale portata, proveniente dalle Nazioni Unite, eppur si teme accadrà proprio questo. Il documento redatto è tremendamente specifico, arrivando a riportare sei punti di ribaltamento imminenti, che segneranno una svolta globale drammatica. Ognuno di questo è determinato dal dilagante inquinamento umano e dall’estrazione di risorse naturali.

I cambiamenti necessari

Jack O’Connor è l’autore principale del rapporto scientifico. Nel corso della conferenza stampa di presentazione ha spiegato come i punti di ribaltamento della Terra non rappresentino dei casi isolati, tutt’altro. È tutto interconnesso. Si prevede infatti un effetto cascata, con il primo punto di non ritorno in grado di influenzare altri aspetti della vita terrestre.

Basti pensare alla riduzione delle risorse idriche, che mette a serio rischio l’agricoltura e, di conseguenza, la sopravvivenza stessa del genere umano. A ciò si aggiunge, e non è ovviamente di secondaria importanza, il gravoso rischio corso dai sistemi naturali in assenza di abbondanza idrica. Anche sotto quest’aspetto, volendo attuare un punto di vista prettamente umano, il pericolo è quello dell’approvvigionamento di cibo e risorse.

Agricoltura minacciata anche da un caldo opprimente e insopportabile, che non lascia spazio alle piogge, se non attraverso episodi isolati e catastrofici, come nubifragi e grandinate. Un certo impatto proviene anche dai detriti spaziali. L’orbita terrestre si sta infatti rapidamente riempiendo di satelliti rotti, parti di razzi abbandonati e numerosi altri rottami. Tutto ciò comporta un enorme rischio collisione con i satelliti attivi: “Le infrastrutture spaziali esistenti verrebbero distrutte e le future attività nello spazio potrebbero diventare impossibili”.

Considerando i tantissimi utilizzi dei satelliti, tra i quali il monitoraggio della progressione dei cambiamenti climatici, si può dire come l’inquinamento spaziale minacci anche la capacità umana di tenere sotto controllo i punti di ribaltamento che tanto dovremmo temere. Parlando di società umana, poi, è evidente come l’aumento dei costi assicurativi minacci la stabilità delle comunità. Il sistema è rotto e si prevede che entro il 2030, ad esempio, mezzo milione di abitazioni in Australia, a rischio inondazioni, non sarà assicurabile. Questo rapporto rappresenta un nuovo appuntamento, che ormai si rinnova dal 2021. Nei due precedenti ci si era concentrati su esempi specifici di disastri in tutto il mondo. Ognuno di questi è parte di una rete interconnessa di attività umane e sistemi naturali.

Il nuovo rapporto, invece, allarga il campo d’azione, concentrandosi sul rischio di punti di ribaltamento globali più ampi. Si offre però una speranza, a patto che i governi globali decidano di sfruttarla, agendo insieme nella giusta direzione. L’attuale modello di società umana che domina in molte aree della Terra non è però più sostenibile. “Il rapporto non dice che siamo condannati ad attraversare questi punti di ribaltamento. – ha spiegato O’Connor – Tutto ciò dovrebbe metterci in condizione di vedere le strade che ci aspettano e fare dei passi verso un futuro migliore. Siamo ancora alla guida della macchina e possiamo scegliere”.

Le soluzioni appartengono a due categorie: evitare l’aumento del rischio di superamento delle soglie disastrose e l’adattamento ai danni già causati. Questo secondo punto è quanto mai cruciale. Esistono comunità già alle prese con scarse riserve idriche, dato lo scioglimento rapido dei ghiacciai. Impatti che richiedono sforzi di adattamento immediati. Per quanto possa sembrare complesso, l’alternativa è ben peggiore. Occorre riconsiderare il modo in cui conduciamo la nostra vita, ma ad oggi sembra proprio essere ciò di cui i governi sono terrorizzati: una trasformazione globale, dato il fallimento del modello vigente.

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