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Stanno arrivando sulla Terra nuove immagini dallo Spazio

Mentre una capsula attraversava il cielo sopra il Pacifico, un aereo della NASA ha registrato immagini dallo spazio che potrebbero cambiare il futuro delle missioni spaziali

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Ad altissima definizione, straordinariamente dettagliate e, soprattutto, importantissime:  l’arrivo delle nuove immagini dallo spazio sta facendo discutere più del solito, perché gli scatti, catturati durante un’operazione ad altissima quota, sono a dir poco fondamentali per i prossimi passi che muoveranno i trasporti nello spazio.

Infatti, quando i fotogrammi verranno tradotti in dati, diventeranno informazioni preziose per la sicurezza spaziale. Tutto è cominciato con una capsula che ha attraversato il cielo sopra il Pacifico seguita da uno sguardo speciale e si “concluderà” con ciò che è stato osservato e registrato.

Un’operazione commerciale

Ma andiamo per ordine. Le immagini che stanno arrivando sono il risultato di una collaborazione tra la NASA e The Exploration Company, una giovane azienda europea che sta testando capsule spaziali riutilizzabili. L’operazione si chiama Mission Possible, ed è stata lanciata a bordo di un razzo SpaceX Falcon 9. Al rientro, la capsula è stata seguita da un team NASA molto speciale, il gruppo SCIFLI (Scientifically Calibrated In-Flight Imagery), a bordo di un jet Gulfstream III decollato dalle Hawaii.

La loro missione era appunto quello di osservare il rientro in atmosfera della capsula e catturare dati visivi mai ottenuti prima a questo livello di dettaglio. L’obiettivo non era solo quello di “vedere” il rientro, ma di misurare come si comporta la superficie della capsula sotto stress estremo, per capire quanto sia sicuro e affidabile il suo sistema di protezione termica.

Che cos’è davvero la capsula con le immagini?

Perché questa necessità? Semplice: perché la capsula osservata da SCIFLI è un veicolo dimostrativo in scala ridotta, sviluppato come primo passo verso navette spaziali europee riutilizzabili. Chiaramente al suo interno non c’erano esseri umani, ma strumenti progettati per testare la resistenza dei materiali, la qualità dei sensori di bordo e la precisione del sistema di guida durante il rientro in atmosfera.

Tra questi, la vera protagonista è la “corazza” impiegata per la schermatura termica, pensata per sopportare temperature elevatissime, come quelle generate dall’attrito con l’aria a oltre 20.000 km/h. Durante il rientro, la capsula ha attraversato un punto critico chiamato entry interface, situato a circa 60 chilometri di quota, dove l’atmosfera inizia a comprimere violentemente la struttura e ogni reazione è stata accuratamente documentata.

Non è tutto qui, perché sono state catturate anche le immagini dell’apertura del paracadute e il momento dell’ammaraggio, tutti scatti essenziali per le prossime missioni.

Implicazioni e prossimi passi

Nel complesso, tutti i dati visivi consentiranno di avere una panoramica d’insieme estremamente dettagliata, che verrà applicata a quelli che saranno i sistemi di trasporto umano. Le informazioni ottenute potranno anche validare le simulazioni usate da aziende come SpaceX e Boeing per i rientri atmosferici e potrebbero essere impiegate come fonti attendibili per ogni tipo di criticità.

Ma, cosa più importante, permetteranno di sapere con precisione come si comportano i materiali e i sistemi in condizioni reali significa costruire capsule più sicure, leggere e affidabili. È un passo avanti che riguarda tanto le missioni future quanto la possibilità, sempre più concreta, di rendere lo Spazio accessibile anche a soggetti non governativi.