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SCIENZA

Sono arrivati dei pezzi di Luna sulla Terra e gli scienziati li stanno analizzando

Per la prima volta sono arrivati sulla Terra dei campioni provenienti dal lato nascosto della Luna: gli scienziati sono pronti a risolvere un grande mistero.

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Lo scorso 25 giugno una roccia proveniente dalla Luna è arrivata sulla Terra. Tutto merito dell’ultima missione cinese Chang’e-6, atterrata sul nostro satellite poche settimane prima. Sulla scia della precedente del 2020, Chang’e 5, gli scienziati sono riusciti a raccogliere una consistente quantità di campioni lunari da analizzare, con un’unica differenza: stavolta provengono dal lato nascosto della Luna ed è la prima volta. Una novità che potrebbe risolvere un interrogativo che da sempre riguarda l’unico satellite naturale della Terra.

La missione cinese sul lato nascosto della Luna

Chang’e 6, chiamata così in onore della dea della Luna, è l’ennesima missione messa in campo dall’Agenzia Spaziale Cinese (CNSA) per sondare i misteri del nostro satellite. Stavolta, possiamo dirlo, hanno osato di più: l’attività della sonda si è concentrata, infatti, sul lato nascosto della Luna. Quello che, in sostanza, non è mai visibile dal nostro Pianeta.

Atterrata in Mongolia lo scorso 25 giugno, la sonda ha portato con sé un bel quantitativo di campioni lunari: circa due chilogrammi e mezzo di minerali, pronti per essere studiati e analizzati dagli esperti. "Il rientro della sonda Chang’e 6 è un successo per tutti – ha commentato Teodoro Valente, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana -. Aver riportato a terra oltre due chilogrammi di rocce e suolo lunare proveniente dal lato a noi nascosto della Luna avrà un importante impatto sugli studi lunari e ci permetterà di fare dei passi avanti per la comprensione della evoluzione del nostro satellite naturale".

"Lo studio della raccolta di regolite sarà fondamentale per confermare la composizione e il possibile impiego di questo tanto diffuso materiale sulla superficie lunare – ha aggiunto Valente -. L’Agenzia Spaziale Italiana in collaborazione con il Politecnico di Milano sta sviluppando il progetto Oracle (Oxygen Retrieval Asset by Carbothermal-reduction in Lunar Environment) destinato proprio allo studio dell’utilizzazione della regolite. L’obiettivo primario è quello di dimostrare la possibilità di estrarre ossigeno da questo materiale".

Ma non è l’unico progetto in itinere. Con la collaborazione dell’Università degli Studi di Padova, infatti, è nato anche il progetto Glams (Geopolimeri per Additive Manufacturing e Monitoraggio Lunare) allo scopo di realizzare elementi strutturali per la costruzione di future basi lunari, sfruttando materiali a base di regolite e processi di stampa 3D.

Perché sarà importante analizzare questi frammenti lunari

Mentre la Cina "sfida" USA e Italia nella "corsa alla Luna", gli astronomi gioiscono per una ragione molto importante: oltre ai sopracitati punti del professor Valente, analizzare i campioni lunari provenienti dal lato nascosto del nostro satellite potrebbero aiutarli a spiegare finalmente come mai le sue due "facce" siano così diverse.

Un emisfero è sempre visibile dalla Terra: lo possiamo facilmente osservare – talvolta anche a occhio nudo – ricoperto da macchie scure dalla forma più o meno circolare che risaltano su uno sfondo luminoso. I cosiddetti "mari" che, in verità, sono pianure di minerali vulcanici basaltici, alternati ad altipiani ancor più antichi.

L’astronomo e divulgatore scientifico Phil Plait ha spiegato su Scientific American: "Gli astronomi avevano a lungo dato per scontato che la faccia della Luna, per lo più invisibile, fosse simile [a quella visibile, ndr]. Ma la ricognizione dell’era spaziale infranse quelle aspettative nel 1959, quando la sonda spaziale sovietica Luna 3 [Луна-3, ndr] trasmise la prima immagine del lato nascosto. Sebbene fosse granulosa e sfocata, la fotografia era comunque abbastanza nitida da rivelare un paesaggio completamente diverso".

Con grande sorpresa, il lato nascosto della Luna era come un enorme altipiano accidentato, con "mari" che somigliano più a puntini sparsi qua e là. Ulteriori ricerche hanno dimostrato, poi, che la crosta di questo emisfero è circa 20 km più spessa rispetto a quello visibile. Da quel momento la domanda è rimasta senza risposta: come mai i due emisferi lunari sono così diversi?

Al netto delle varie ipotesi sull’origine della Luna (la teoria dell’impatto gigante o "big splat", tra le varie), gli scienziati non sono mai giunti a una conclusione del tutto soddisfacente almeno fino al 2014, quando uno studio si è concentrato sull’impatto della Terra sulla formazione della Luna. L’analisi dei campioni raccolti dalla sonda Chang’e 6 potrebbe fornire preziose informazioni in più, eseguendone l’analisi chimica.

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