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Crisi clima, mancano 3 anni al punto di non ritorno: a cosa andiamo incontro

Secondo gli esperti, abbiamo 3 anni per evitare un aumento globale di 1,5 °C: le emissioni attuali accelerano fenomeni come caldo estremo e innalzamento dei mari. Occorre un'azione globale.

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Oltre 60 tra i più autorevoli climatologi mondiali ci informano che, con gli attuali livelli di emissioni di anidride carbonica, la Terra potrebbe superare il limite critico di riscaldamento di 1,5 °C in appena tre anni. Questo obiettivo, stabilito nel 2015 da quasi 200 Paesi con l’Accordo di Parigi, mirava a evitare gli impatti più devastanti del cambiamento climatico. Ma cosa significa davvero raggiungere o superare questa soglia? E cosa possiamo aspettarci?

Inizia il conto alla rovescia?

I dati più recenti rivelano un quadro preoccupante. Il “bilancio di carbonio” residuo, ovvero la quantità di CO2 che possiamo ancora emettere per avere il 50% di possibilità di contenere il riscaldamento entro 1,5 °C, si è drasticamente ridotto. Come riporta un interessante articolo della BBC, all’inizio del 2020 si stimavano 500 miliardi di tonnellate mentre oggi siamo a soli 130 miliardi di tonnellate. Secondo i calcoli, con emissioni globali che si mantengono a circa 40 miliardi di tonnellate all’anno abbiamo, di fatto, solo tre anni prima di esaurire questo “budget”.

Il professor Piers Forster, direttore del Priestley Centre for Climate Futures presso l’Università di Leeds, è categorico: “Tutto si sta muovendo nella direzione sbagliata. Stiamo assistendo a cambiamenti senza precedenti e a un’accelerazione del riscaldamento della Terra e dell’innalzamento del livello del mare“. Questi fenomeni, previsti da tempo, sono direttamente riconducibili alle emissioni record di gas serra.

Gli impatti già visibili e quelli futuri

Il riscaldamento globale non è una minaccia lontana e i suoi effetti sono già tangibili. Eventi meteorologici estremi sono diventati più frequenti e intensi, è sotto gli occhi di tutti.

Circa il 90% del calore in eccesso generato dalle emissioni viene assorbito dagli oceani e questo non solo sconvolge la vita marina, ma contribuisce anche all’innalzamento del livello del mare: le acque più calde si espandono e l’acqua derivante dallo scioglimento dei ghiacciai si riversa nei nostri mari. Il tasso di innalzamento del livello del mare è raddoppiato dagli anni ’90, esponendo milioni di persone a rischi crescenti di inondazioni.

Come anticipato, se le emissioni rimangono elevate il pianeta è sulla buona strada per raggiungere un riscaldamento di 1,5 °C entro il 2030. Ma cosa significa?

Non parliamo di un punto di non ritorno immediato in senso assoluto, ma di un dato che rende estremamente più complessa la possibilità di mitigare i danni. Sebbene in teoria si possa riassorbire CO2 dall’atmosfera, gli esperti come il professor Joeri Rogelj dell’Imperial College di Londra avvertono che affidarsi a queste tecnologie come unica soluzione è rischioso, specialmente per superamenti significativi: “Ogni frazione del riscaldamento è importante”.

Ogni decimo di grado di riscaldamento in più amplifica la gravità degli eventi estremi, dello scioglimento dei ghiacci e dell’innalzamento del livello del mare. La differenza tra un riscaldamento di 1,5 °C e 2 °C è sostanziale in termini di impatto su ecosistemi, economie e vite umane.

Nonostante il quadro desolante (non potremmo usare altro aggettivo), gli esperti pongono l’accento su un aspetto positivo: il tasso di aumento delle emissioni sembra rallentare, in parte anche grazie all’introduzione di tecnologie pulite e “green”. Ciò suggerisce che azioni rapide e rigorose per la riduzione delle emissioni sono ancora cruciali e possono modificare radicalmente la traiettoria del riscaldamento.

La scelta è nelle nostre mani. Ridurre le emissioni nel prossimo decennio può significare meno danni, meno sofferenze per le popolazioni più vulnerabili e meno sfide per le nostre società. La crisi climatica è una corsa contro il tempo, ma abbiamo ancora la possibilità di agire.