Dinosauri, crolla una delle più grandi certezze di sempre
Che colore avevano i dinosauri? Non certo quelli cupi e poco sgargianti delle tipiche immagini, come accertato da un esperto che ha esaminato i pigmenti
C’è poco da fare, con i dinosauri le certezze sono destinate spesso a crollare miseramente. Ne è un chiaro esempio quanto scoperto di recente sul loro colore. Le immagini che li raffigurano, nei film o in semplici manuali, li hanno mostrati con tonalità non proprio sgargianti, con i colori cupi che hanno puntualmente prevalso. In realtà abbiamo sempre sbagliato a pensarla in questo modo.
Oltre alle nuove specie rinvenute non molto tempo fa, bisogna fare i conti con le ricerche effettuate da Jakob Vinther, professore di Macroevoluzione presso l’Università di Bristol. Questo docente ha deciso di andare oltre la classica presentazione del dinosauro squamoso e pieno di calli. Nello specifico molti esemplari avevano piume sgargianti e accese che rendevano la Terra di tantissimi anni fa molto più vivace.
Vinther si è basato sull’inchiostro fossile dei più antichi antenati dei calamari e dei polpi. In poche parole si è accorto che queste strutture non erano affatto semplici come un agglomerato di batteri farebbe pensare. Si tratta in pratica di melanosomi, vale a dire granuli che si trovano in un distinto tipo cellulare, il melanocita. In questi granuli si trova inoltre un pigmento, la melanina che è responsabile della colorazione dei peli, della pelle e delle piume per quel che riguarda qualsiasi animale. L’esperto britannico è stato capace di dimostrare come le strutture di questi fossili fossero melanosomi, pertanto i colori dei dinosauri non erano quelli che abbiamo sempre creduto.
L’importanza dei pigmenti
Finalmente sappiamo tutto sul gigantesco tsunami che uccise i dinosauri, al contrario su diverse loro caratteristiche fisiche è buio pesto. Tra l’altro, le ricerche appena spiegate sono state definite senza mezzi termini “rivoluzionarie”. Fino ad oggi, infatti, non si credeva possibile che i pigmenti riuscissero a resistere alla fase di fossilizzazione. Vinther ha anche dimostrato come si possano sfruttare i pigmenti in questione per risalire alla tonalità autentica delle specie che si sono estinte. Ma quali sono di preciso questi colori?
Le specie esaminate
In caso di melanosomi di proporzioni importanti, i pigmenti sono grigi oppure tendenti al blu. I melanosomi più stretti e lunghi, invece, sono la testimonianza di una vera e propria iridescenza, come avviene anche nel caso di quelli più piatti. I dinosauri, dunque, avevano un aspetto che in futuro potrebbe essere riscritto per filo e per segno. Una delle specie citate da queste ricerche è quella dell’Anchiornis, dotato di ali nere e bianche e di una cresta rossa ben visibile in testa. Il caso del Sinosauropteryx è ancora più particolare, visto che ricordava da vicino un procione ma con incredibili capacità di mimetismo.
Non va dimenticato nemmeno il Borealopeta che, oltre alla corazza già analizzata da decenni, aveva una colorazione molto accesa con tanto di contrasti intriganti. Qualche appassionato potrebbe sconvolgersi, poi, per il piumaggio di alcuni “parenti stretti” dei velociraptor, dinosauri normalmente rappresentati come glabri e poco accattivanti dal punto di vista delle tonalità. Gli studi su questa materia saranno fondamentali in futuro anche per approfondire gli habitat tipici delle varie specie. Questi giganteschi animali non finiscono mai di stupirci: erano più sociali di quanto si potrebbe immaginare e queste novità sui colori non fanno che rendere più accattivante la loro storia.