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Elon Musk rinuncia a Twitter, ma il presidente del social minaccia: ci vediamo in tribunale

Elon Musk si tira indietro e non ha più intenzione di acquistare Twitter per 44 miliardi di dollari: sostiene che non conosce quanti iscritti fake ci siano sulla piattaforma

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Un costume da gorilla è esploso su un razzo di Musk Fonte foto: ANSA

Sembra la trama di un film, invece è la verità: assurda ma vera. Il miliardario Elon Musk non compra più il suo giocattolino preferito, il social Twitter, e la faccenda finisce in tribunale. Lo fa sapere Bret Taylor presidente di Twitter che annuncia che se la vedranno presso la Corte del Delaware. Lui, Musk, se la ride però e non sembra minimamente preoccupato delle conseguenze. Che trova anche buffe a vedere il recente meme che ha pubblicato dal suo profilo Twitter per commentare la faccenda. Ricalca la famosa frase di Gandhi: “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi li combatti e infine vinci”.

Alla sua maniera, il miliardario Musk riprende il discorso gandhiano e sostanzialmente scrive che se prima non gli volevano vendere Twitter, poi hanno accettato, al che lui ha chiesto i dati sui bot e i profili fake presenti nella piattaforma ma Twitter si è rifiutata. Se lo trascinano in tribunale, però, alla fine i capi di Twitter saranno costretti a mostrare pubblicamente quei dati che con ogni probabilità avrebbero voluto nascondere a Musk. Così lui ne uscirà vincitore. Il ragionamento non fa una piega e Elon Musk, se così fosse, mostrerebbe ancora una volta, che per lui gli affari non sono solo una mera questione di soldi, ma soprattutto un patto tra gentiluomini.

Twitter, un affare da 44 miliardi di dollari

Correva il mese di aprile e tra il serio e il faceto Elon Musk mette sul piatto ben 44 miliardi di dollari annunciando sicuro di voler acquistare Twitter. Disse, per voler dare al mondo uno spazio su cui confrontarsi davvero esprimendo liberamente le proprie opinioni. Qualcuno malignamente fece notare che a non poter più cinguettare era l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Ma Musk fece sapere che la libertà d’opinione riguardava proprio tutti non solo negli Stati Uniti.

Convintissimo della sua decisione, Musk si sbilancia fino a fissare un pre-accordo, una sorta di patto pre-matrimoniale che come per un fidanzamento ufficiale esclude la possibilità a altri pretendenti di farsi avanti. Notizia che fece la gioia degli azionisti che videro schizzare il valore in Borsa. Perché ricordiamolo, Twitter è una società quotata in borsa e Elon Musk non è considerato molto affidabile proprio dalla SEC, l’ente di vigilanza della Borsa americana e equivalente della nostra CONSOB.

Twitter o Musk: chi non mantiene i patti?

Ma in questo patto è inclusa una condizione sostanziale: rivelare quanti siano i bot e i profili falsi che trovano spazio nella piattaforma. Musk una sua idea ce l’ha e probabilmente ha dei dati in mano provenienti dai suoi analisti che gli dicono che sono molti di più di quel 5% sul totale degli iscritti, che dichiara il Consiglio di amministrazione del social. Insomma, Elon Musk, vuole sapere tutti i segreti della sua “sposa” prima di convolare a nozze. Ossia: comprando Twitter, in realtà quanti account buoni e verificati compra?

Perché ovviamente parliamo di dati genuini e che rappresentano il vero affare dell’acquisto, oltre la tecnologia della piattaforma, che si può sempre replicare.

Il dato è cruciale per Musk che detiene in campo finanziario moltissimi interessi, da Tesla a SpaceX a Starlink, per citarne alcuni. Cosa se ne farebbe di una piattaforma farcita di bot, cioè risponditori automatici e account falsi? Con chi potrebbe fare realmente affari?

Twitter e Musk: si vedranno in tribunale?

E veniamo alla minaccia di Twitter di trascinare Elon Musk in tribunale, accusandolo di aver rotto il pre-accordo. Il miliardario se la ride, perché effettivamente Twitter, dovrebbe portare al giudice, al fine di consentirgli di valutare la questione, oltre ai libri contabili anche quei dati richiesti da Elon Musk e dalla sua schiera di avvocati attraverso il pre-accordo. E mai ancora consegnati dal consiglio di amministrazione di Twitter al miliardario. Chissà poi perché.