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Rarissima esplosione nello Spazio: cos'è e cosa sappiamo del segnale avvistato in cielo

Gli scienziati si interrogano sulle origini degli LFBOT: sappiamo dove avvengono queste esplosioni spaziali ma non cosa siano

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LFBOT, esplosione luminosa nello spazio Fonte foto: @NASA, @europeanspaceagency, @noirlabastro, M. Garlick , M. Zamani

L’universo ci stupisce costantemente. Ci ritroviamo sempre a osservare dei fenomeni con lo stupore nello sguardo tipico dei bambini. Abbiamo i mezzi, oggi, per comprendere esattamente molto di quanto accade intorno a noi o è già accaduto, ma soltanto ora possiamo vederne l’impatto.

Non tutto è però così didascalico e di facile comprensione, anche al netto di tutti gli strumenti di cui il genere umano dispone negli anni Duemila. Basti pensare a una strana esplosione cosmica di cui siamo stati testimoni. Si fa riferimento al processo come a transitori ottici blu veloci luminescenti, LFBOT volendo abbreviare. Nello specifico a questo evento è stato poi fornito un codice identificativo, AT2023fhn, così come un nome in codice, Finch. Vediamo di seguito tutto ciò che sappiamo.

Cosa sono gli LFBOT

Potremmo avere decisamente minori informazioni di quelle che pensavamo in merito ai transitori ottici blu veloci luminescenti. Gli astronomi erano infatti certi che gli LFBOT potessero rientrare nel novero delle supernove massicce. Il riferimento in questo caso andrebbe a qualcosa di accaduto entro i confini della galassia. Finch ha invece evidenziato tutt’altro, avvenendo a distanze decisamente considerevoli dalla galassia più vicina.

A ciò si aggiunge un altro dettaglio, evidenziato dal telescopio spaziale Hubble: Finch si trova in uno stato di apparente isolamento tra due galassie vicine, a circa 50mila anni da una galassia a spirale e 15mila anni luce da una galassia più piccola. Un luogo a dir poco sconcertante per gli oggetti celesti. In precedenza si era infatti certi esistessero in galassie ospiti.

Ecco le parole dell’astronomo Ashley Grimes, dell’Agenzia spaziale europea e Radbot University nei Paesi Bassi: “Più apprendiamo informazioni sugli LFBOT, più restiamo sorpresi. Ora abbiamo dimostrato come possano formarsi molto lontani dalla galassia più vicina. La posizione di Finch non è di certo quella che ci aspetteremmo per una supernova”.

La prima scoperta di un LFBOT risale al 2018 e in pochi anni ne sono stati avvistati numerosi. Ogni nuova rilevazione non fa che lasciare gli esperti più dubbiosi. Si tratta nello specifico di esplosioni spaziali almeno 10 volte più luminose di una normale supernova, ma estremamente brevi. Se si parla di supernove, queste raggiungono il picco e in poche settimane o mesi svaniscono. Gli LFBOT vengono invece paragonati, per semplicità di comprensione da parte del pubblico, al flash di una fotocamera. Esplosioni di luce molto calde, il che garantisce il caratteristico colore blu.

Cosa sappiamo e nuove teorie

Gli scienziati erano certi che gli LFBOT fossero provocati da un tipo particolare di supernova, alle prese con un collasso del nucleo (in questo caso il nucleo di una stella morente collassa in una stella di neutroni o in un buco nero, ndr). Tutto ciò, però, richiederebbe una stella progenitrice a dir poco gigantesca, con dimensioni almeno 8 volte la massa del Sole.

Si fa dunque largo un’altra ipotesi, ovvero che i lampi avvistati possano essere il frutto di un particolare processo: un buco nero che inghiottisce un altro oggetto ultradenso. Una stella nana bianca. In questo caso potrebbe essere cruciale l’uso del telescopio spaziale James Webb. Potrebbe infatti consentire di scoprire che Finch è esploso all’interno di un ammasso stellare globulare, che è il luogo ideale dove individuare un buco nero dalla massa intermedia.

Attualmente gli scienziati sono al lavoro per ottenere una risposta congrua in merito alla posizione insolita del LFBOT. Non è da escludere, affatto, che possa essere il risultato di una collisione tra stelle di neutroni, in viaggio ben al di fuori della propria galassia ospite, con movimento a spirale l’una verso l’altra, per miliardi di anni.

Uno scenario del genere produce una kilonova, esplosione mille volte più potente di una supernova standard. Per quanto speculativa, poi, un’altra teoria suppone che una delle stelle fosse altamente magnetizata, una magnetar, il che genererebbe abbastanza potenza per un’esplosione 100 volte più luminosa di una normale supernova. Come spiegato da Grimes, ad oggi tutto ciò produce molte più domande che risposte, e soltanto il tempo e le osservazioni potranno svelare i misteri di questo processo.