C'è un problema con la neve ad alta quota: perché sciare potrebbe diventare impossibile
Numerosi impianti in tutt'Europa hanno un problema serio con la neve. A fronte del cambiamento climatico, il turismo di montagna si sta trasformando: addio sci
Cosa ne sarà del turismo di montagna quando non ci sarà più neve? Gli effetti dei cambiamenti climatici sono più evidenti anno dopo anno. Negare l’evidenza pare assurdo, eppure c’è ancora chi professa una generale normalità nell’accelerazione incredibile della trasformazione del clima globale.
Il mondo si sta evolvendo, purtroppo seguendo una linea dettata dall’inquinamento dell’uomo. Ciò si traduce, in pratica, anche in una trasformazione delle nostre abitudini. Vi sono aree le cui temperature sono ormai così alte, in certe fasi dell’anno, da risultare insostenibili per il turismo di massa.
Al tempo stesso si registra una generale difficoltà nel ricoprire di neve le note cime di grande appeal. Quella naturale è sempre più scarsa e la polvere artificiale è ormai evidentemente insostenibile. Il futuro si sta plasmando sotto i nostri occhi e, in Italia e non solo, va in un’altra direzione rispetto allo sci d’altura.
Nuova vita per le stazioni sciistiche
È importante guardare alla realtà dei fatti e questa suggerisce la necessità per le stazioni sciistiche di ragionare su una diversificazione del proprio turismo. La neve è un bene prezioso ormai e riuscire a garantire una copertura abbondante e costante per l’intera stagione è sempre più complesso e dispendioso.
In alternativa, come riportato da un’attenta analisi di Wired, c’è sempre più spazio agli amanti delle bici, impegnati in trail a dir poco affascinanti. Tutto ciò di cui si ha bisogno è la giusta attrezzatura, un mezzo adeguato alle condizioni del terreno e spazi incontaminati di natura rigogliosa.
Nel dettaglio si fa l’esempio di Fai della Paganella, piccola stazione sciistica nelle Dolomiti, frequentata in questa calda estate 2023 da numerosi appassionati di mountain bike da discesa. Scene che stanno diventando sempre più comuni in Europa. Prendere in considerazione quest’area non è di certo un caso, dal momento che, numeri alla mano, si registrano incredibilmente più turisti in estate che in inverno. Ecco le parole del destination manager del resort: “Il 65% dei nostri visitatori arriva al di fuori della stagione sciistica, tra aprile e novembre”.
Il futuro del turismo di montagna
Non si vive di sola neve in montagna, dunque, e viene da pensare come si possa lavorare nei prossimi anni per favorire il più possibile questa forma alternativa di turismo anche nei mesi più freddi. Il cambio netto è avvenuto tra il 2018 e il 2019 in quest’area, dove si è scelto ormai già nel lontano 2011 di sperimentare con un impianto di risalita per gli appassionati di mountain bike. Una mossa risultata decisamente vincente e preveggente. Ora potrebbe essere soltanto il primo di una serie di interventi atti a facilitare questi turisti, agendo in maniera regolare per la tutela dei percorsi, al fine di salvaguardare l’incolumità dei soggetti pronti a sperimentare le piste tutto l’anno.
Come detto, è sempre più complesso riuscire a garantire neve naturale in pista, o comunque abbastanza da praticare sci e snowboard in sicurezza. Tema approfondito chiaramente, in tutti i suoi aspetti devastanti, da un articolo pubblicato lo scorso agosto su Nature Climate Change. Si fa riferimento a uno studio dell’Università di Grenoble, che ha evidenziato il rischio di approvvigionamento della neve per ben 2.234 località sciistiche europee.
L’aumento delle temperature già avvenuto, e quello che si registrerà nel corso dei prossimi anni, offre uno scenario ben chiaro. Più della metà delle località prese in esame avrà enormi difficoltà a reperire neve naturale, e la soluzione non è quella artificiale. Oggi il 90% delle strutture italiane si affida a questa opzione (70% in Austria, 53% in Svizzera, 37% in Francia e 25% in Germania, ndr), che richiede però grandi esborsi e soprattutto enormi quantità d’acqua ed energia, il che contribuisce all’allarme climatico. Un vero e proprio controsenso, economico e ambientalista.
Il futuro è ben altro, come spiegato da Luca Albrisi, autore principale del Clean Outdoor Manifesto. Una vera e propria dichiarazione di intenti sottoscritta da numerosi professionisti dell’industria dell’outdoor. Oggi è un gruppo di attivisti che guarda al presente e al futuro del settore, ritenendo insostenibile questo modello di sviluppo: “Se è vero che lo sci ha permesso a molte valli nelle Alpi di uscire dalla povertà, è ovvio come sia oggi un modello obsoleto”. Le stazioni dovrebbero tutte preservare i propri terreni incontaminati, volgendo lo sguardo ad attività a basso impatto, come lo sci alpino. Un bene per gli affari, che permette di risparmiare milioni, ma anche per le foreste, rinverdite e non più disboscate, e di conseguenza per l’ambiente.