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Marte, c'è una "materia in movimento": cambia quello che sappiamo

Marte non è un pianeta "morto" dal punto di vista geologico come si è spesso pensato, una recente ricerca ha fatto luce sui suoi vulcani

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I vulcani di Marte Fonte foto: ESA

Non soltanto rosso. Per parecchi decenni gli scienziati hanno creduto che il pianeta Marte fosse anche “morto”, per lo meno dal punto di vista geologico. Decisamente più piccolo della Terra, c’è la convinzione che questo oggetto celeste si sia raffreddato in modo molto veloce dopo la sua formazione iniziale. Inoltre, ci sarebbe stata una discreta attività vulcanica.

Con il progressivo abbassamento della temperatura interna, si è sempre ritenuto che sia venuta meno la capacità di Marte di dar vita ad attività geologiche su larga scala, come appunto le eruzioni vulcaniche e i terremoti. Questa convinzione è però venuta meno in seguito a una serie di approfondimenti scientifici, tra cui uno molto recente.

Le tante domande che ancora pone Marte

Grazie all’esame di diverse missioni robotiche avvenute proprio sul pianeta rosso, un team di ricercatori planetari è giunto a una sorprendente conclusione: tantissimo materiale caldo che si muove verso l’alto nel mantello di questo oggetto celeste sta esercitando una pressione non indifferente, tale da spaccare letteralmente la superficie e provocare terremoti. Questa potrebbe essere una caratteristica tutto sommato nuova per quel che riguarda Marte. Ci sono delle implicazioni relative alla vita sul pianeta, una delle domande che attanaglia maggiormente gli astronomi? La tentazione di rispondere in maniera affermativa è davvero molto forte.

Lo studio di cui si sta parlando è stato pubblicato all’interno della rivista specializzata “Nature Astronomy”. Nell’articolo si fa riferimento al Marte del passato, quando la superficie del pianeta rosso era costellata dai “tumuli” dell’attività vulcanica, uno dei quali è stato ribattezzato “Monte Olimpo”. Si tratta di un vero e proprio “mostro” dal diametro di ben 600 chilometri, l’equivalente dello Stato americano del Colorado, oltre all’altitudine impressionante. In effetti, questo tumulo raggiungeva una vetta due volte e mezza superiore rispetto a quella del Monte Everest. Il vulcanismo marziano sarebbe cominciato quando l’oggetto celeste aveva un miliardo di anni, rimanendo tale per un altro miliardo.

I pennacchi del mantello di Marte

Ci sono comunque delle prove in merito ai flussi di lava sul Monte Olimpo anche pochi milioni di anni fa, nonostante gli episodi siano associati alla piccola scala, oltre che sporadici. Circa tre miliardi di anni fa, poi, l’era dell’attività vulcanica marziana sarebbe terminata in modo definitivo. Per fare un confronto, gran parte dei vulcani attivi sulla Terra ha meno di un milione di anni. Rimane il fatto che non è dato conoscere la modalità con cui si formano i pennacchi del mantello, però è possibile spiegare in modo sostanziale alcune anomalie riscontrate sulla superficie del pianeta rosso.

Ad esempio, proprio grazie ai pennacchi se ne sa di più in merito al Cerberus Fossae. Si tratta di un gruppo di formazioni geologiche di Marte, per la precisione fratture della crosta che risalgono a 5 milioni di anni fa più o meno. Queste strutture sorgono a 3mila chilometri dall’area Elysium Planitia e spesso ha lasciato a bocca aperta gli scienziati per via del campo di gravitazionale che risulta più debole rispetto al resto della superficie. Quest’ultima caratteristica sarebbe coerente con il mantello a densità inferiore che tende a spingersi verso l’alto al di sotto della crosta.