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Pubblicità nei sogni: non si può neanche dormire in pace

Psicologi ed esperti di materie oniriche stanno discutendo da tempo sull'opportunità o meno della pubblicità nei sogni come strategia aziendale

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Sogni e pubblicità: è tutto vero Fonte foto: 123RF

Gran parte dei nostri sogni li viviamo con assai maggiore intensità della nostra esistenza da svegli. La frase di Herman Hesse è stata forse il pretesto per una trovata commerciale molto particolare e che “profuma” di futuro: la pubblicità nei sogni. Da tempo molte aziende si stanno affidando al cosiddetto marketing onirico per spingere i consumatori a sognare i loro prodotti.

I neuroscienziati e gli psicologi sono preoccupati per quello che potrebbe accadere, tanto che 40 di loro hanno pubblicato una lettera aperta per denunciare i rischi di questa deriva aziendale. Le teorie scientifiche su come siano fatti i sogni continuano a moltiplicarsi, dunque non ci si deve stupire del fatto che ci siano delle multinazionali disposte a tutto per il loro successo commerciale.

La pubblicità nei sogni potrebbe assumere contorni eccessivi dopo quanto prospettato da Molson Coors, compagnia americana specializzata nella produzione di birra e bevande alcoliche in generale. Nel corso dell’ultimo Super Bowl di football, questa azienda ha svelato uno spot in cui si parlava appunto dell’inserimento del brand nei sogni dei potenziali clienti. Si tratta di una tecnica che ha un nome ben preciso, vale a dire TDI (acronimo che identica la Targeted Dream Incubation). In poche parole si forniscono informazioni al subconscio con immagini, parole o musiche così da guidare i sogni stessi in una direzione ben precisa.

L’importanza del sonno

L’obiettivo della Molson Coors è stato proprio quello di far sognare boschi e foreste per poi piazzare all’improvviso il suo prodotto principe, la birra appunto, in modo da evidenziare che è completamente naturale. I partecipanti a questa sorta di esperimento hanno persino ricevuto una confezione omaggio di bevande alcoliche, segno che la strategia aziendale è ben mirata. Dormire è importante, persino nello spazio come ha raccontato con dovizia di particolari Samantha Cristoforetti, anche se il futuro onirico sembra destinato ad essere caratterizzato da un’interruzione dopo l’altra. In realtà, non si sta parlando di un caso isolato quando si fa riferimento alla multinazionale delle birre.

Una questione di tempo

La pubblicità nei sogni ha intrigato persino la Microsoft che ha pubblicizzato una nuova console coinvolgendo celebrità che si sono sottoposte alla già citata TDI. In pratica, nei loro sogni si sono intrufolati senza problemi i personaggi principali di diversi videogiochi. Qualche anno fa, invece, Burger King ha proposto un panino dopo aver sottolineato come fosse l’ideale per la notte di Halloween, in quanto causa principale di incubi notturni (come certificato da un laboratorio di medicina del sonno). La pubblicità nei sogni potrebbe essere soltanto una questione di tempo, però non tutti gli esperti sono allarmati da questa situazione.

C’è ad esempio chi ha preso parte alle campagne pubblicitarie “della discordia”. Si tratta di Deirdre Barrett, docente di Harvard e psicologa che è stata una delle menti degli spot di Molson Coors. La professoressa ritiene che sia una iniziativa del momento ma che non dovrebbe prendere piede in pianta stabile, cioè con la pubblicità nei sogni introdotta in maniera intensiva. Volendo essere ancora più precisi, una soluzione commerciale del genere potrebbe non essere conveniente in termini di costi-benefici. Secondo gli scienziati, svegliarsi con una canzone in testa non è un buon segno, ma con un jingle pubblicitario non sarebbe poi molto diverso.

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