Prime Video diventa come la tv tradizionale, raddoppia la pubblicità ogni ora
Amazon raddoppia gli spot su Prime Video, avvicinandosi alla TV tradizionale: più interruzioni che rischiano di ridurre il gradimento e scatenare il malcontento

Le pubblicità sono sempre più spesso un importante motore economico per le piattaforme digitali, che senza di esse non potrebbero mantenere un’offerta di contenuti così vasta. Allo stesso tempo, però, questi spot finiscono per compromettere l’esperienza degli utenti, aumentando le interruzioni e generando una fruizione sempre meno piacevole. Trovare il giusto equilibrio, senza scontentare il pubblico né gli inserzionisti, non è facile. Anche la versione free YouTube Music recentemente ha cominciato a integrare messaggi promozionali nella schermata di riproduzione, aumentando l’invasività delle inserzioni. E lo stesso sta accadendo su Amazon Prime Video, dove il tempo dedicato alla pubblicità è quasi raddoppiato.
Da 2 a 6 minuti di pubblicità: Prime Video come la tv tradizionale?
Amazon aveva già anticipato che nel 2025 sarebbe aumentata la pubblicità su Prime Video, Questo servizio di streaming video on demand di Amazon, incluso nell’abbonamento Amazon Prime, costa in Italia 4,99 euro al mese o 49,90 euro all’anno (l’abbonamento per studenti universitari ha un prezzo inferiore).
Inizialmente completamente privo di pubblicità, Prime Video è diventato ad‑supported da aprile 2024: significa che la versione base include annunci limitati, con la possibilità di rimuoverli pagando un supplemento di 1,99 euro al mese. In alternativa, gli utenti possono scegliere un’esperienza senza interruzioni pubblicitarie tramite il piano senza ads.
Ora però, come accennato, le interruzioni pubblicitarie sono aumentate. Nel 2024 erano previsti 2 o 3 minuti di interruzioni pubblicitarie ogni ora. Adesso, secondo quanto riportato da ADWeek, che a quanto pare ha avuto modo di leggere dei documenti privati dell’azienda, il carico pubblicitario è raddoppiato, passando a 4-6 minuti ogni ora.
Cosa ha risposto Amazon
Amazon non ha subito commentato la notizia, ma il portavoce di Amazon Ads ha rilasciato comunque una dichiarazione che riguarda in generale la strategia pubblicitaria della piattaforma.
«Mentre la domanda continua a crescere, il nostro impegno è migliorare l’esperienza pubblicitaria, non limitarci ad aumentare il numero di annunci mostrati», hanno fatto sapere dall’azienda.
«Il carico pubblicitario di Prime Video è ora in linea con quello della concorrenza. Si tenga presente che a livello globale quello della televisione tradizionale commerciale si aggira attorno ai 13-16 minuti all’ora».
Più pubblicità su Prime Video: quali conseguenze?
In seguito a questo aumento di interruzioni pubblicitarie su Prime Video, potrebbe calare il costo per mille impressioni, o CPM. Il CPM è un indice che segnala quanto un inserzionista paga per ogni mille visualizzazioni del suo annuncio.
In pratica, ogni qualvolta l’inserzione compare mille volte, l’inserzionista corrisponde quella somma. Si tratta di una delle metriche principali per valutare l’efficacia di una campagna pubblicitaria, perché permette di confrontare il costo delle campagne a partire dalla loro copertura, senza dipendere dal numero di click o conversioni.
Se Amazon aumenta il numero di spot che può vendere — perché ogni contenuto può includere più break pubblicitari — l’inventario degli spazi a pagamento aumenta. A parità di domanda da parte degli inserzionisti, dunque, un incremento dell’offerta può portare a una riduzione del prezzo per ogni mille impressioni, perché la concorrenza per ogni spot sarà leggermente minore.
La strategia pubblicitaria di Amazon potrebbe quindi portare a un vantaggio per gli inserzionisti, che però è ancora tutto da monitorare e confermare. D’altra parte, un maggior affollamento pubblicitario può certamente aumentare l’insofferenza degli utenti, che si trovano a guardare contenuti interrotti da spot quasi come sulla televisione tradizionale.
Ciò può portare ad un calo del gradimento del servizio, a una percezione di minor valore per l’abbonamento o magari, in alcuni casi, alla disdetta da parte degli utenti. La sfida per Amazon, insomma, sarà quella di trovare il punto d’incontro che massimizza i ricavi senza compromettere eccessivamente l’esperienza d’uso.