Pulci di mare, come riconoscerle (e quanto sono pericolose)
Vengono comunemente chiamate pulci di mare, ma in realtà sono piccoli crostacei Anfipodi e può essere pericoloso incontrarli a mare
Durante l’estate si popolano le spiagge di tutta l’Italia, con molta gente che sceglie di trascorre le ore più calde in riva al mare. C’è chi preferisce i lidi più caotici e chi invece ama rilassarsi nei litorali meno affollati. E proprio qui, nelle zone meno calcate dalla folla sarà sicuramente capitato a tutti di vedere degli animaletti saltare lungo la riva. Alcuni li chiamano “pulci di mare”, ma in realtà questo nome è sbagliato, perché non si tratta di un insetto.
Crostacei Anfipodi: gli animaletti conosciuti come “pulci di mare”
I crostacei Anfipodi fanno parte di un gruppo di animali marini con una struttura morfologica simile ad un gambero. Al mondo ci sono oltre 10.000 specie e gli Anfipodi che saltellano lungo la riva del mare ne rappresentano soltanto una piccola parte. Questi ultimi sono quelli che conosciamo maggiormente, vengono definiti “beach-hoppers”, appunto perché li vediamo saltellare da una parte all’altra sui litorali delle spiagge più solitarie.
Questi piccoli invertebrati hanno colonizzato diversi ambienti: dalla terra alle profondità marine, dalle acque polari ai ruscelli di montagna, dalle falde acquifere ai fondali più profondi degli oceani. È possibile trovarli anche sulle balene, sul carapace delle tartarughe marine, all’interno di spugne o molluschi, aggrappati a meduse o ad alghe marine.
Si tratta di animali che rivestono una posizione chiave all’interno della rete alimentare marina, essendo un’importante fonte alimentare per una varietà di pesci appartenenti ai livelli trofici superiori. A questa specie corrispondono tanti ruoli ecologico-funzionali, fondamentali per il buon funzionamento degli ecosistemi nei quali sono dominanti. Ma – come abbiamo già accennato sopra – attenzione a non chiamarli pulci di mare, perché sono dei crostacei, e non sono degli insetti.
Crostacei Anfipodi: perché può essere pericoloso incontrarli
Gli Anfipodi hanno il ruolo di descrittori ambientali e sono considerati un attendibile indicatore per le analisi della qualità delle acque in cui si trovano. La presenza, o l’assenza, di alcune di queste specie può, quindi, essere rivelatrice delle condizioni del luogo in cui si trovano.
Recentemente, per esempio, gli Anfipodi sono stati utilizzati nella ricerca ecotossicologica, per degli studi riguardo le sostante che inquinano le acque. Essendo organismi il cui ciclo vitale è legato al substrato, sono particolarmente vulnerabili agli inquinanti che presentano concentrazioni più alte in alcuni sedimenti. L’inquinamento da plastica è una delle più grandi minacce dei nostri mari e va monitorato in maniera efficace. Grazie ai rapporti che questi animali contraggono con il substrato, il loro monitoraggio può fornire informazioni complete e precise circa le condizioni dell’ambiente in cui si trovano, contribuendo a gestire meglio l’allarme sull’inquinamento da plastica.
Uno studio pubblicato sulla rivista Toxics da ricercatori delle Università di Palermo e Messina, inoltre, ha dimostrato che questi piccoli invertebrati possono rappresentare un valido strumento di monitoraggio dell’inquinamento da microplastiche. L’analisi in questione, nello specifico, ha ricercato e poi rivelato in cinque specie di Anfipodi i polimeri che le microplastiche possono disperdere nell’ambiente, ingeriti poi da questi piccoli crostacei.
Quindi, gli animaletti comunemente chiamati pulci di mare possono rivelare le condizioni delle acque in cui si trovano.
Ora la comunità scientifica ha a disposizione un ulteriore strumento valido per monitorare lo stato in cui versa un determinato ambiente.