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SCIENZA

Rilevati antichi quasar solitari dalle origini oscure nello Spazio

I quasar rilevati dagli scienziati stanno in effetti mettendo alla prova le loro conoscenze: come hanno fatto a formarsi in zone così solitarie?

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Rappresentazione di un quasar Fonte foto: 123rf

Ancora una volta un team di ricercatori ha completato uno studio che potrebbe cambiare tutto ciò che sappiamo del nostro Universo e anche in questa occasione gli studi hanno a che fare con i buchi neri. Ebbene sì, perché gli scienziati hanno indagato l’origine di alcuni quasar che, a dispetto di tutto ciò che finora è stato dato per assodato, sembrano essersi formati dal nulla.

Cosa sono i quasar?

Prima di parlare dettagliatamente della scoperta, va precisato che il quasar è il nucleo attivo ed estremamente luminoso delle galassie che ospitano al loro centro un buco nero supermassiccio. Per questo la scoperta ha a che fare con i misteriosi corpi celesti: sono i buchi neri ad attirare a loro gas e polveri in un turbinare inevitabile e drammaticamente veloce, che crea scontri e attriti.

Proprio questi attriti formano un disco di accrescimento e quest’ultimo, a sua volta, converte metà della massa in energia, facendo risplendere il quasar. Va da sé, dunque, che l’origine del quasar sia connessa ai buchi neri. E, a dirla tutta, fino ad ora si era anche ipotizzato che fosse anche riconducibile alle collisioni tra galassie.

Scontrandosi, infatti, le galassie creano dei gas che rilasciano enormi quantità di energia radioattiva. La nuova scoperta invece cambia le carte in tavola, perché i quasar dell’universo primordiale sembrano privi della fonte di materia circostante necessaria ad alimentarne la crescita.

Il nuovo studio

Pubblicato sul The Astrophysical Journal, lo studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT) è stato condotto utilizzando il James Webb Space Telescope per guardare indietro nel tempo a più di 13 miliardi di anni fa. L’obiettivo era quello di  studiare l’ambiente cosmico di cinque dei quasar più antichi attualmente noti agli astrofisici e, come abbiamo accennato, gli scienziati hanno rilevato che questi nuclei sembravano vagare nel vuoto, in condizione di similitudine.

“Contrariamente a ciò che avevamo dato per certo fino ad adesso – ha detto la professoressa Anna-Christina Eilers, ricercatrice del MIT -, ora sappiamo che i quasar non si trovano necessariamente in regioni ad alta densità. Fra quelli che abbiamo osservato uno ha solo 50 galassie attorno a sé, mentre un altro ne ha addirittura due. Ed entrambi sono delle stesse dimensioni, hanno lo stesso volume, la stessa luminosità e la stessa età. È sorprendente”.

Gli interrogativi e i prossimi passi

A questo punto la domanda che più intriga gli scienziati è: come hanno fatto questi quasar a crescere così tanto, se sembrano non avere nulla da cui nutrirsi? Da una parte si ipotizza che non siano in realtà così solitari come sembrano, perché potrebbero anche essere circondati da galassie così pesantemente avvolte nella polvere cosmica da risultare nascoste ai nostri strumenti e agli occhi dei ricercatori.

Dall’altra parte, secondo lo studio, potrebbe in realtà mancare un “pezzo significativo del puzzle”, che potrebbe avere a che fare con la materia oscura e con la capacità dei buchi neri supermassicci di generare energia. Attualmente, il team che ha fatto la scoperta sta cercando di affinare gli strumenti e comparare le osservazioni raccolte nell’arco degli scorsi anni con quelle che verranno svolte nel futuro, in modo tale da scartare, in primis, l’ipotesi della “barriera” di polvere cosmica.

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